Titolo originale: Umami – Il quinto sapore
Regia: Angelo Frezza
Sceneggiatura: Umberto Cateni, Angelo Frezza, Elena Costa
Cast: Karin Proia, Angelo Orlando, Enrico Oetiker, Antonella Ponziani
Musiche: Valerio Minicillo
Produzione: Italia 2021
Genere: Commedia
Durata: 105 minuti
Regia:
Interpretazione:
Sceneggiatura:
Musica:
Giudizio:
Trama
Le vite di Anna Cardinali (Karin Proia), Alessandro Montagna (Angelo Orlando) e Matteo (Enrico Oetiker) si intrecciano in una storia d’amore e cucina.
Alessandro, critico gastronomico affetto da un principio di SLA e ossessionato dal quinto gusto – l’Umami – e Anna, sua editrice, lavorano insieme pur non parlandosi da 10 anni. Da quando, cioè, il primo abbandonò lei all’altare. Sarà Matteo, il giovane assistente di Alessandro, con la complicità involontaria di Nina (Daphne Scoccia), nipote di Anna, affetta da una patologia alimentare denominata Ednos, a ricongiungere i due.
Recensione
Inserendosi in un sottogenere molto di tendenza in quest’epoca quasi monopolizzata dagli chef e dai programmi di cucina, l’idea alla base di Umami – Il quinto sapore non è particolarmente originale, ma potenzialmente divertente.
Da Chocolat a Soul Kitchen, passando per Ratatouille e Julie & Julia, il cinema ha cavalcato la pubblica ossessione per i fornelli con risultati più o meno degni di nota. Il successo di alcune di queste pellicole prova che lo spazio per la “commedia culinaria” c’è ancora. Tuttavia, il confine tra prodotto cinematografico e prodotto televisivo può essere molto labile, e spesso risiede nel valore artistico dello stesso. Inutile negarlo: dal cinema ci si aspetta qualcosa in più, una qualità superiore, non fosse per il fatto che lo spettatore cinematografico paga.
Nell’epoca delle piattaforme di streaming legale, l’asticella si è ulteriormente alzata: l’investimento nei prodotti seriali è aumentato, e in media anche i contenuti para-televisivi offrono una qualità maggiore rispetto a prima, se non nella sceneggiatura, quantomeno nella fotografia.
In tale ottica, il film di Angelo Frezza è, purtroppo, sotto la media. Se il soggetto ha del potenziale seppur non per un capolavoro, per una godibile commedia romantica Made in Italy (“marchio” che al momento rappresenta di per sé un valore aggiunto non solo nella moda ma anche nelle arti performative) la realizzazione è tanto mediocre da sembrare amatoriale.
La sensazione che si ha di fronte alla pellicola è quella della totale assenza di una regia, di una direzione artistica di alcun tipo – sembra quasi che agli attori e ai tecnici sia stato detto “Fate vobis” – e il risultato è un film interpretato in maniera puerile da attori che probabilmente, con una guida, avrebbero ottenuto risultati discreti, e scritto con la mano sinistra da un team di sceneggiatori che sentono la necessità di mettere in bocca ai personaggi mal definiti “spiegoni” di una trama fastidiosamente lineare.
Direttore della fotografia non pervenuto. Le immagini di una Reggio Calabria inspiegabilmente popolata da soli romani potevano essere girate da un turista con un buon smartphone: il risultato sarebbe stato lo stesso.
Purtroppo Umami – Il quinto sapore dà l’impressione di trovarsi a guardare un film per la tv girato e, soprattutto, post-prodotto in fretta e furia da un regista che, dopo aver dato il “Ciak”, è andato al bar a prendere un caffè e non ha mai fatto ritorno sul set.
Curiosità
Le riprese del film, iniziate ad Ascoli Piceno, si sono spostate successivamente in Calabria e nel Lazio, in provincia di Roma, tra Capena e Palombara Sabina.