Titolo originale: Z.P.G.
Regia: Michael Campus
Sceneggiatura: Max Ehrlich, Frank De Felitta
Cast: Oliver Reed, Geraldine Chaplin, Don Gordon, Diane Cilento
Musiche: Jonathan Hodge
Produzione: USA, Danimarca 1972
Genere: Fantascienza
Durata: 97 minuti
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Giudizio:
Trama
Decadenza ambientale, smog e inquinamento hanno causato milioni di morti nel mondo. Al contempo la sovrappopolazione ha letteralmente depauperato le principali risorse del pianeta. Il Governo Mondiale, preso atto della crisi globale, ha posto in essere misure straordinarie, fra tutte il divieto di concepire bambini per 30 anni, pena la morte per l’intero nucleo familiare.
Il desiderio sempre più crescente di maternità spinge Carol (Geraldine Chaplin) a trasgredire all’ordine. Insieme al marito Russ (Oliver Reed), la donna prima partorisce e poi tiene nascosto il bambino agli occhi indiscreti della meschina società, ma ben presto gli amici George (Don Gordon) ed Edna (Diane Cilento) scoprono il segreto.
Recensione
Se già il saggio best-seller The Population Bomb di Paul R. Ehrlich aveva a suo tempo sferzato l’illusione di prolungato benessere sociale con l’invito violento a una reale presa di coscienza, il film che vi si ispira ha enormemente amplificato il timore che tutto possa finire segnando l’ecatombe dell’umanità come oggi la conosciamo.
Michael Campus prende in mano una sceneggiatura originale di Frank De Felitta e Max Simon Ehrlich esacerbando la più pessimistica visione concepibile dopo l’Inferno dantesco. Un mondo maledetto fatto di bambole – titolo italiano più lirico ma meno pragmatico del perentorio Z.P.G., acronimo di Zero Population Growth – ordisce la peggiore delle proiezioni, ovvero una distopia che non lascia spazio alla speranza, che incupisce e rattrista attraverso l’alienazione del suo verbo spesso dato in pasto al loop del convincimento meccanico in seno a un regime dittatoriale.
Qui il futuro è tetro, opprimente, sfaldato nella nebbia dello smog che costringe le persone a muoversi con un respiratore non appena fuori dalle mura domestiche, e vivere una vita di razioni sintetiche, macchine abortive, riproduzioni nostalgiche del XX secolo lontano anni luce. Insomma uno sguardo a un mondo estinto, privo di vegetali e di animali, di sogni e di libertà soprattutto.
Lo script di Ehrlich e De Felitta mette in scena lo sposalizio individuale con la rassegnazione e la farsa incarnata da bambole robotiche che si sostituiscono ai piccoli organismi catalizzando l’affetto non di genitori bensì di acquirenti-padroni.
Negazione e sottrazione fanno da agghiaccianti principi a una dimensione di orrore sociologico incapace di aggrapparsi a una solidarietà naufragata al cospetto della corruzione e del ricatto. I McNeil interpretati da Oliver Reed e Geraldine Chaplin sembrano conservare qualcosa del vecchio mondo ambendo a una fuga dall’incubo, a una scappatoia dall’ossessiva finzione creata dalla gabbia sociale.
Una produzione danese-statunitense splendidamente demoralizzante, o forse uno sprono (inascoltato) per le generazioni a seguire, uno stimolo a intraprendere strade green e percorsi innovativi. Soluzioni possibili o chimere? Sta di fatto che anche in questo caso la fantascienza sa precorrere i tempi come nessun altro genere cinematografico.
Curiosità
L’intero film venne girato in un grande studio presente in Danimarca.