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Il Santuario di San Pancrazio a Pianezza

Porticato e facciata del Santuario

Il Santuario di San Pancrazio sorge laddove un tempo vi erano solo campi liberi e natura spontanea, ovvero quella campagna senza pretese e non antropizzata che circondava un piccolo borgo ancora nella fase embrionale del proprio essere. Oggi Pianezza è una cittadina che alterna spazi verdi e zone residenziali profondamente sviluppate, eppure ha forse più di ieri bisogno di celebrare la sua storia, ricordare le remote radici e votarsi a una spiritualità non occasionale.

Gli edifici secolari e i monumenti commemorativi ne hanno cementato le fondamenta, ma il Santuario di San Pancrazio rappresenta un grandioso tassello di memoria dalle indelebili forme. Quando lo si osserva in tutta la sua venerabile bellezza, si resta per un momento immobili pensando che sia là da sempre. Un pensiero ingannevole, naturalmente, non più affascinante della cronistoria di questo eccezionale complesso, una fusione di credenze religiose, leggende e aneddoti.

Storia del Santuario: dal miracolo a oggi

Portico del Santuario

Le generazioni passate hanno tramandato il racconto evinto dalla tradizione popolare, secondo cui il 12 maggio 1450 avvenne un miracolo destinato a echeggiare nell’eternità: tal contadino Andrea Casella tagliò inavvertitamente la gamba della consorte sopraggiunta alle sue spalle per rifocillarlo durante la falciatura del prato.

Dopo pochi attimi, fra urla, pianti e disperazione, una figura giovanile apparve per guarire l’arto della donna, chiedendo al Casella di fare un voto a San Pancrazio, ovvero impegnarsi a costruire un pilone votivo in suo onore. Il contadino mancò a quel voto e dopo un anno esatto, la gamba si staccò dal corpo della moglie. Rimediò alla dimenticanza, eresse il pilone e la guarigione fu completa e definitiva.

L’interno del Santuario con navata, altare e abside affrescato

Il pilone lasciò il posto a una prima chiesa costruita verso la metà del ‘600 per volontà del marchese di Pianezza Carlo Emanuele Giacinto di Simiana. L’annesso convento rimase, restaurato nel secolo successivo, depauperato dai beni ecclesiastici dei Padri Agostiniani per decreto napoleonico e riottenuto nel 1886 dall’arcidiocesi di Torino per essere affidato agli attuali custodi, i Padri Passionisti. Il complesso nella sua interezza contava anche un campanile e la Cappella dell’Apparizione.

Oggi il Santuario di San Pancrazio – che ha dunque origini seicentesche – è il risultato dei vari lavori di rifacimento e restauro avvenuti nel corso della prima metà del XX secolo (datazione di seconda nascita, il 1949).

Il magnifico porticato e l’interno del Santuario

La struttura odierna può fregiarsi orgogliosa di un’estetica abbacinante e penetrante, a cominciare dall’ampio porticato antistante composto da un totale di 44 arcate a fasce bicrome realizzate sullo stile dell’intero complesso, il neogotico.

Cappella di San Pancrazio con l’altare

Alcuni ulivi e la struggente scultura raffigurante Maria che tiene Gesù tra le braccia (in basamento l’effige “Non ha apparenza né bellezza, disprezzato dagli uomini, uomo dei dolori, trafitto dai nostri peccati, per le sue piaghe siamo stati guariti”) introducono alla visione della sontuosa facciata monocuspidata in pietra liscia, il cui biancore quasi abbaglia sotto il sole creando un poetico contrasto con il blu del cielo terso.

Al centro detta le simmetria il rosone a dodici petali, sopra il quale troneggia la statua di San Pancrazio al culmine dell’arco a sesto acuto. Si osservano anche quattro sculture zoomorfe che imitano le mitiche gargolle (più comunemente dette Gargoyles), ricordando in realtà la Sacra quadriga degli Evangelisti, quindi uomo, aquila, leone e bue.

La cripta

All’interno uno spettacolo ne incornicia un altro formando un ensemble di meraviglie iconografiche. La navata unica concepita con volte a vela è fiancheggiata da colonne in marmo verde e pilastri neri e conduce all’altare in marmo giallo di Siena sotto il quale una teca conserva la sacra reliquia, un pezzo di avambraccio di San Pancrazio, la cui statua abbigliata con tenuta militare romana si trova sopra la Sacra Mensa.

Alzando lo sguardo, si constata la presenza di due giganteschi angeli dorati (opera dello scultore Remo Riva) che mostrano fra le mani rispettivamente una palma e la corona del martirio. L’abside poligonale reca l’affresco di Nicola Arduino con il Redentore e una coppia di angeli sopra il globo terrestre: è il “Redentore Glorioso”.

La Cappella del miracolo e la cripta

Il corpo di San Pancrazio

Sul lato destro della navata, un cancello vetrato introduce alla Cappella del Miracolo e alla cripta (vi è riposto sotto l’altare con tabernacolo il corpo di San Pancrazio), anticipata da corridoi costellati di oltre 25 mila ex voto, artigianali opere d’arte ricche di significato che hanno il fine di testimoniare le diverse guarigioni compiute dal taumaturgico Santo. L’altare è posizionato esattamente nel punto in cui sorgeva il pilone votivo quattrocentesco. Cupola e lanterna hanno una progettualità ottagonale.

Il miracolo, come detto, avvenne il 12 maggio 1450, così dall’inizio dell’Ottocento a oggi viene officiata una messa solenne alle tre di notte dello stesso giorno ogni anno.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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