Sono state installate il 1° giugno 2024 ai due lati del Molo Bestoso e vi rimarranno fino al 31 ottobre impreziosendo per 5 mesi uno dei luoghi più trend e frequentati di Alassio (SV) sulla riviera di Ponente in Liguria. Un lasso di tempo troppo breve per ammirare in tutte le loro sfumature e tonalità le opere “Non finito” e “Blue de Chine” realizzate da Bruno Catalano.
Eppure è proprio il tempo – con il suo effimero trascorrere e le implicazioni fatte di attimi sommati – a valorizzare queste sculture, incardinate sull’ideale dinamismo e sul tema del viaggio. Le figure ritratte (entrambe in bronzo) sono estrapolate dal ciclo dei “Viaggiatori”, che si compone di una lunga serie di esemplari esposti en plein air in varie località d’Italia tra cui, appunto, Alassio, Genova, Amalfi, Lucca, Viareggio e Venezia, senza contare l’estero.
La tutela dei capolavori di Catalano è stata affidata alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Ravagnan, con sede nella città lagunare ed ex Repubblica Marinara. È la più antica galleria d’arte di Piazza San Marco.
La metafora del viaggio
Osservando i due Viaggiatori all’ingresso del molo alassino, si può immediatamente notare il sorprendente tratto distintivo che ne particolareggia la postura e la presenza: “la mancanza totale della parte centrale del corpo che, incredibilmente, assume un’importanza formale ed espressiva attribuibile ai volumi pieni.” – come ebbe a considerare Enzo Di Martino.
Il compianto giornalista e critico d’arte ha così sottolineato la cifra stilistica di un’opera plastica volta a contrastare la crisi della scultura contemporanea attraverso un’inedita concezione del talento creativo. Quest’ultimo, naturalmente, vuole svincolarsi da qualunque fastidioso limite, fisico anzitutto.
Perciò non è possibile imbrigliare una metafora, tantomeno la “metafora del viaggio”, l’esposizione personale incarnata in sette sculture di cui i due bronzi che presidiano il Molo Bestoso con la maestà delle Sfingi superate da Atreyu ne La storia infinita o degli imperiosi Argonauts ammirati da Aragorn lungo il fiume ne Il Signore degli Anelli – La compagnia dell’Anello. Sovviene alla mente anche Talos, la statua che prende vita ne Gli Argonauti (Don Chaffey, 1963) sull’isola del Bronzo.
Viandanti senza meta
Più nel concreto, però, i due viandanti rappresentano lo specchio dei nostri tempi, caratterizzati da guerre che producono esodati, rifugiati e fuggiaschi, e da eventi che da sempre fomentano nomadismo, esistenza non stanziale e precarietà sociale. Attualità e nostalgia si prendono per mano.
Le varie opere “viaggianti” hanno una comunanza, ovvero mettono in risalto un camminatore che si porta appresso una borsa oppure uno zaino, o ancora una valigia. Ma da dove è partito? Dove è diretto?
Lascia frammenti di sé lungo la strada, passa e va, senza una meta apparente, come se si disinteressasse completamente della destinazione e della direzione. Peregrina e tanto basta per esistere:
“Anche io ho viaggiato con valigie piene di ricordi. Non contengono solo immagini… sono le mie origini in movimento. Nella valigia ci sono nostalgia, il peso della vita, i vincoli, ma anche le speranze, l’orgoglio e il desiderio di viaggiare, di vivere.”
(Bruno Catalano)
Nato a Khourigba nel 1960, Bruno Catalano è italo-francese, di famiglia esule, costretta ad abbandonare il proprio paese per approdare a Marsiglia. L’artista, eterno memore del proprio sradicamento, inizia a modellare l’argilla a 30 anni, passando al bronzo nel 2005 con l’intento di realizzare personaggi sempre più strutturati e di grandi dimensioni.
Il “Non finito” misura 300x150x130 cm, cristallizzazione di un’allegoria dell’indefinito dall’aspetto spettrale, inquietante, soprannaturale. Un individuo dal volto coperto, interamente drappeggiato, privo di un’identità, aperto a continue evoluzioni di sé.
“Blue de Chine” possiede misure più contenute, 304x106x71, e si presta a espliciti riferimenti di più immediata comprensione: una scultura dedicata ai lavoratori migranti, dall’abbigliamento contraddistinto da un intenso blu e tipico di operai e marinai.
È una proiezione di Catalano, anch’egli imbarcatosi prima su una nave, poi elettricista prima di diventare artista e scoprire il vuoto nello spazio, ossia un’alchemica quarta dimensione.