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Lucchio, il borgo “quasi” fantasma dove in inverno c’è luce 5 ore al giorno

È il luogo surreale e nascosto dove “le galline hanno un paniere legato alla coda per impedire alle uova di rotolare via” e in cui “si legano i figli all’uscio”.

I due folkloristici detti di matrice proverbiale accompagnano Lucchio da ormai qualche secolo per via del suo particolare genius loci che presenta vecchie casupole letteralmente abbarbicate su un piccolo sperone roccioso coperto di boschi e vegetazione. Le stradine, di rimando, hanno pendenze tutt’altro che trascurabili.

Da lontano, questo minuscolo borgo di appena 20 anime (dato del 2022) appare come uno sparuto gruppetto di abitazioni sospeso a 780 metri s.l.m. Si tratta di una frazione di Bagni di Lucca in Toscana (la distanza è di ca. 18 km), e trae il nome dal toponimo lucus, ovvero “luogo fra i boschi” in virtù della sua collocazione nella verdeggiante piana di Lucca. Rimane geograficamente compresa nella Val di Lima.

Un paese che vive di isolamento e tradizione

Di origine medievale, il lillipuziano loco vive in un isolamento catartico, la sabbia della sua clessidra biologica scorre a gravità zero secondo il ritmo della quieta lentezza e la pace assoluta scaccia ogni spauracchio riferibile al turismo di massa. Chi vuole movida, musica e notti febbrili vada a Lucca: questo non è un paese per Millennials o GenZ.

Chi, invece, desidera entrare in sintonia con un limbo di tranquillità perso fra gli arbusti e velato di nebbie portate dalle nuvole basse, allora ha trovato la destinazione giusta. Alle pendici della Penna di Lucchio si respira la poesia di una suggestione paesaggistica unica e rarefatta. La comunità esistente non conosce la frenesia odierna e si tiene lontana dalle realtà industriali e del terziario, preferendo portare avanti le attività tradizionali, nello specifico agricoltura, allevamento, pastorizia e raccolta di castagne e funghi di cui sono ricche le terre tutt’intorno.

Cosa vedere: la Rocca storica e le due chiese

Nonostante l’alone di desolazione che grava su Lucchio, tale luogo resta sempre incredibilmente segnalato negli itinerari turistici. Può ritenersi a tutti gli effetti una sorta di borgo fantasma del quale anche il sole si dimentica soprattutto in inverno, quando c’è luce non più di 5 ore al giorno. Un aspetto di per sé un po’ lugubre e spettrale, ma invero molto attrattivo, che va sommato al fascino emanato dalle costruzioni storiche visitabili, come la Chiesa di San Pietro (1100 d.C.) a due navate che custodisce il trecentesco crocefisso processionale in argento realizzato da Andrea di Jacopo d’Ognabene.

Dall’inizio del ‘300, la Rocca rappresenta il punto più alto e impervio: il castello – di cui sopravvivono alcuni ruderi e cenni di fortificazione – fu baluardo difensivo all’epoca di Castruccio Castracani, il celebre capitano di ventura che combatte durante le guerre contro Pistoia per il dominio appenninico. La Rocca è poi stata convertita nel 1826 in abitazione rurale in seguito all’acquisizione da parte della famiglia Pacini. Da vedere infine la Chiesa di Santa Maria dell’Aie e la fontana vecchia.

Per raggiungere Lucchio occorre percorrere la strada statale del Brennero fino al bivio all’altezza di Tana a Termini. Un bel viaggio panoramico che precede un’escursione fiabesca dentro un abitato capace di regalare ancora tante emozioni. Ma lasciate fuori la fretta e in tasca orologio e cellulare: non servono.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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