Il nome del figlio di Francesca Archibugi colpisce per il suo roboante effluvio di attualità capace di imperversare in un ambiente chiuso ma metaforicamente potente nell’esprimersi verso un contesto esterno collettivo. Come fu per Carnage e predecessori, il remake italiano del transalpino Cena tra amici e trasposizione nostrana della pièce teatrale Le prènom è solo apparentemente incardinato sui dialoghi, in realtà rapportati in maniera direttamente proporzionale alla scenografia. Sì, anche lo sfondo ci parla e comunica dettagli, spunti e rimandi.
Il non-confronto sui pater letterari e gli insegnamenti classici
Tutto alimenta un non-confronto fra il Paolo Pontecorvo di Alessandro Gassmann e i due colti oratori a oltranza Sandro (Luigi Lo Cascio) e Claudio (Rocco Papaleo). Escludendo dalla contesa la padrona di casa Betta e l’arrivante Simona, la partita si gioca con i tre personaggi più scenici ma è una lotta impari, combattuta su piani troppo diversi, soprattutto quello culturale.
La discussione sul nome del figlio – lo possiamo constatare facilmente – ha la forma esile di un pretesto per dire altro, ricordare, allacciarsi alle questioni dell’Italia e all’evidenziazione della mediocrità del popolo medio di fronte all’interrogazione dei pater letterari, nobili vati dell’esistenza. Obiettivo finale della Archibugi, la configurazione del tremendo dislivello originato dall’indifferenza verso gli insegnamenti classici, sempre nuovi ma considerati vecchi perché… non si ha sufficiente sensibilità (o volontà) di assimilarli.
Il gusto della beffa contro le argomentazioni
Paolo porta nella casa in cui si tiene la cena “amichevole” nient’altro che il bell’aspetto, l’abbigliamento curato, la mega bottiglia di champagne e il suo sedicente blasone da agente immobiliare di successo. Cosa possiede di veramente prezioso nella sua valigia di fuffa? Soltanto il gusto della beffa, l’unica risposta (e difesa) per lui possibile alle note sacrosante e verbose degli interlocutori che, al contrario, mettono sul tavolo argomentazioni evinte da letture doverose, Kant e Melville su tutte.
E l’abitazione di libri straripa: non c’è scena girata (eccezion fatta per le sequenze in veranda) che non comprenda almeno un manoscritto. È la ricchezza a cui allude Sandro, seguito a ruota da Claudio, e alla quale attinge costantemente per sostenere ogni tipo di diatriba verbale. Paolo invece si appoggia (più corretto dire “si aggrappa”) alla patetica tattica dell’elusione, piantato nel credo del dio denaro e in fuga lavativa dalla curiosità, un istinto mai sviluppato.
Paolo, un mattatore vuoto
Paolo non ha una dignità compiuta, è un mattatore vuoto (paradossale che sia il figlio dell’immenso Vittorio Gassman a vestirne gli abiti) che a cuori controbatte con picche derubricando ogni giorno l’importanza di guardare al futuro analizzando il passato per evitare i madornali errori dell’umanità, comprenso il rievocare la figura di Benito Mussolini seppur ironicamente.
Incarna dunque quella larga comunità che, senz’arte né meriti, si fa largo tra i sapienti, ottiene successo ingiustificato e si lancia in commenti di fuoco sui social pur non avendo peso intellettuale certificabile. Avete presente influencer, tiktokers, star di Instagram, youtubers e leoni da tastiera terribilmente frustrati?
Sa di non sapere, ma Paolo i libri li scaccia, evadendo anche dalla dimensione fanciullesca e tenera della moglie Simona, pienamente consapevole di essere un’intrattenitrice letteraria e non una scrittrice.
L’illusione del pensiero individuale: conoscenza umana e morale
Tutti i personaggi che, a loro modo, vogliono interagire con noi sembrano trovare conciliazione ideologica sulle note di Telefonami tra vent’anni di Lucio Dalla, ma è fallace illusione, come lo è sperare che i vari Paolo sparsi a far danni nel mondo cambino, decidendo di elevarsi non solo socialmente ma anche nel pensiero individuale.
Sandro cita la Critica della Ragion Pratica, ma in questo senso la Critica della Ragion Pura potrebbe far comodo a un più propedeutico approccio in quanto è necessario mostrare non “cosa” l’uomo conosce ma “come” conosce. Il problema dell’individuazione dei principi della conoscenza umana anticipa quello della morale.