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Quella meraviglia chiamata Gravità

Quante volte è accaduto di dare per scontate piccole cose, situazioni, circostanze, coincidenze o fenomeni considerati pienamente acquisiti poiché parte integrante dell’individuo presente e agente. Innumerevoli, schiave dell’abitudine, del tempo e dello spazio, o più semplicemente dei sensi che, si sa, spesso ingannano appannando ragione e consapevolezza.

Tale discorso si sposa nella sua più pingue accezione con l’illusione empatica promulgata da Alfonso Cuarón nel film Gravity, una pellicola nella quale taluni concetti fisici vengono sollecitati a tal punto da prevederne una tangibile distorsione e uno studio radicale in un sistema, lo spazio, complesso ai massimi termini.

Lo spazio, la vastità affrontata dall’essere umano alla stregua di una prossima e sempre più totalizzante conquista, vicina in potenza ma lontana a livello siderale nell’atto.

Gravity: sopravvivere e fare ritorno

Cuaron ce ne dà una testimonianza esplorandone una minuscola porzione tramite gli astronauti Stone (Sandra Bullock) e Kowansky (George Clooney). Entrambi, in seguito a un incidente accorso alla loro base, rischiano la vita fluttuando in orbita, alla disperata ricerca di un modo per sopravvivere e fare ritorno sulla Terra.

Già, l’amato pianeta continuamente maltrattato, dato per scontato, il mondo dell’uomo, bello, caldo, tanto grande per l’abitante quanto piccolo per l’universo. Senza mai perderlo di vista, la scaltra Ryan trova coraggio e determinazione per aggrapparsi a una speranza, coglierla e, finalmente, riassaporare ossigeno nonchè un’incantevole percezione: la gravità.

Massa e peso: il valore della gravità

Proprio lei, spesso imbrigliata nelle diatribe confusionarie e cervellotiche in grado di dissacrare la terminologia fisica che vuole ben distinti i concetti di massa e peso, anch’essi dati tristemente per scontati.

Dopo giorni di assenza, vacuità, a un passo dalla morte, l’intrepida dottoressa si ritrova a nuotare nelle acque di una laguna dell’Asia orientale, ormai salva, aperta alla contemplazione di ogni elemento naturale con cui sembra essersi temporaneamente fusa.

Spiaggiata piacevolmente, come un naufrago sottrattosi alla titanica furia dell’oceano, la donna torna ad acquisire un peso, una valenza in accordo alle dimensioni spazio-tempo, un riconoscimento conferitole nientemeno che da quella meraviglia chiamata Gravità.

Stenta ad alzarsi, ma ce la fa, felice osserva il cielo muovendo passi che paiono infantili, quasi bisognosi di sostegno ma forti di nitidi riferimenti, passi verso una rinnovata certezza, quella di essere tornata a essere parte del mondo.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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