- Cinema e divano

Predator: Badlands

Dove vederlo: Al cinema

Titolo originale: Predator: Badlands

Regia: Dan Trachtenberg

Sceneggiatura: Patrick Aison

Cast: Dimitrius Schuster-Koloamatangi, Elle Fanning, Cameron Brown

Musiche: Sarah Schachner, Benjamin Wallfisch

Produzione: USA, Australia, Nuova Zelanda, Canada 2025

Genere: Fantascienza

Durata: 107 minuti

Trailer

(L-R) Thia (Elle Fanning) and Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi) in 20th Century Studios’ PREDATOR: BADLANDS film. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2025 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Trama

Dek (Dimitrius Schuster-Kaloamatangi) lotta per ottenere finalmente un riconoscimento dal clan di appartenenza, ma suo padre lo ritiene l’anello debole e ordina al figlio maggiore Kwei di eliminarlo. Il fratello, però, rifiuta e viene ucciso dal genitore, non prima però di aver spedito Dek su Genna, pianeta dominato da quello che egli ha scelto come suo trofeo di caccia, il feroce Kalisk.

Qui, il giovane Yautja combatterà non solo contro la mostruosa bestia, ma anche con la natura ostile e una minaccia inimmaginabile. Ad aiutarlo c’è Thia (Elle Fanning), un sintetico della Weyland-Yutani Corporation.

Recensione

Dopo quattro lungometraggi stand alone, due crossover, un prequel e una storia parallela, pensavamo di aver appreso ormai abbastanza sull’alieno cacciatore lanciato al cinema nel 1987 da John McTiernan. Ci siamo sbagliati, perché nonostante la longevità del franchise, mancava all’appello l’aspetto probabilmente più importante: la genealogia dello Yautja e le basi del suo orientamento di predatore dell’universo.

Dan Trachtenberg – già alla regia di Prey (2022) e Predator – Killer of Killers (2025) – inizia a raccontarne una parte nell’incipit forte ed emozionante del suo nuovo lavoro, conducendoci in un viaggio avventuroso e primordiale sullo stile narrativo-morfologico de 65 – Fuga dalla Terra. Prima tappa Yautja Prime, patria della razza predatrice, dove si comprendono analogie e similitudini fra gli Yautja e gli Spartani, entrambe élite guerriere inclini a preservare valori come il coraggio, l’onore e… il rifiuto della debolezza con conseguente emarginazione del più fragile.

20th Century Studios produce un grande spettacolo che ha firma e filosofia estetica del colosso Disney. Predator: Badlands, infatti, si affranca da qualunque tono granguignolesco semplicemente escludendo dalla visione fantascientifica la specie umana. Ciò si traduce in minor sangue, nessuna scena forte ma tante, tante sequenze action godibili, frenetiche e opulente.

Restano le atmosfere crepuscolari ma imperano su di esse le tecnologie extraterrestri, creature neomitologiche e l’inusuale interazione fra uno Yautja scontroso e solitario e un sintetico logorroico che sa cos’è l’ironia. Proprio l’equilibrio fra sci-fi terror e gusto comico rende la pellicola piacevole ma non meno coriacea, diretta e furiosa.

Badlands non è un prequel, né un sequel, piuttosto un’opera connettiva e lo si capisce da due componenti: i molteplici easter eggs e il solito totalitario potere della Weyland-Yutani Corporation, l’entità che, oltre ogni mostro, continua a fare veramente paura. Nel cast Dimitrius Schuster-Kaloamatangi veste maschera e armatura del Predator, mentre Elle Fanning è chiamata al ruolo di un sintetico biondo molto particolare, che è poi senza alcun dubbio la vera anima del film, ben di più di una mera “prima caccia” e assai oltre un’ultima occasione di riscatto.

CINEFOCUS

Il Kalisk, creatura dominante del pianeta Genna

Curiosità

Dek è il primo Yautja ad avere un nome e, soprattutto, a diventare protagonista della storia anziché restare antagonista.

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Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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