Uscita nelle sale: 23 ottobre 2025
Dove vederlo: Al cinema
Titolo originale: Springsteen: Deliver me from Nowhere
Regia: Scott Cooper
Sceneggiatura: Scott Cooper, Warren Zanes
Cast: Jeremy Allen White, Jeremy Strong, Paul Walter Hauser, Stephen Graham
Musiche: Jeremiah Fraites
Produzione: USA 2025
Genere: Drammatico
Durata: 114 minuti

Trama
Inciso con un registratore nella sua camera da letto, “Nebraska” fu un album musicale che segnò una nuova svolta e consapevolezza nella carriera di Bruce Springsteen. Durante il suo momento di decollo, il cantante (Jeremy Allen White) si ritrova nel bel mezzo di una crisi artistica e personale: deve confrontarsi con un passato traumatico e un presente molto complicato.
Recensione
A nove mesi esatti di distanza da A Complete Unknown, arriva nelle sale italiane un nuovo biopic musicale, anch’esso sottile e tetro, emotivamente e tematicamente affine. Sembra quasi evidente la nuova posizione che queste storie decidono di assumere: la psicologia del protagonista è più che mai posta al centro, e la musica diventa il pretesto per raccontare la condizione esistenziale di chi la compone, piuttosto che un semplice sfondo sonoro. Sul palco una vera e propria leggenda, fuori la persona senza maschera, con tutte le sue fragilità e incomprensioni.
La nuova opera di Scott Cooper è silenziosa e riflessiva, una vera e propria raffigurazione della vulnerabilità e della malattia di un uomo che sembra aver smarrito ogni senso esistenziale. Il dolore e la sofferenza non sono ferite recenti: Springsteen: Liberami dal Nulla alterna sequenze a colori e in bianco e nero, in cui il giovane Bruce Springsteen appare come un bambino schiacciato dal peso di una difficile realtà familiare da cui non riesce a trovare una soluzione di fuga.
Non è un film sulla mitizzazione della figura artistica, bensì un percorso di rinascita dell’individuo. La musica diventa una valvola di sfogo: un rigetto totale della propria condizione interiore proiettato verso l’esterno, una negazione radicale di tutti i meccanismi dell’industria e del successo.
Il focus principale è il confronto del musicista con il proprio passato, una sottile ricerca del silenzio, un rifiuto totale della realtà circostante e, soprattutto, un grande elogio dell’anticonvenzionalità. Non è più una priorità, né un bisogno, aderire alla formula ormai consunta dei biopic che mostrano l’ascesa e poi il declino della star.
Jeremy Allen White interpreta un artista segnato dal terrore familiare infantile: una raffigurazione umana rabbiosa ma silenziosa, un uomo incapace di affrontare se stesso e, all’apparenza, di chiedere aiuto. L’errore più grande – lo stesso commesso anche di fronte allo stratificato ritratto di Bob Dylan – è credere di entrare in sala per assistere alla parabola di una vita, anziché a una fotografia che cattura un istante umano fragile e complesso.
È una storia che non richiede grandi luci, né interazioni, né dialoghi o espressioni marcate: si muove nella classicità e nella monotonia del protagonista, dove i primissimi piani fissano un momento apparentemente identico ai precedenti, ma in realtà diverso, sospeso tra la consapevolezza di sé e la guarigione.
Curiosità
Durante la conferenza stampa del film è stato sottolineato un aspetto molto significativo: Springsteen: Deliver Me from Nowhere è il primo film che Bruce Springsteen ha ufficialmente concesso e approvato sulla propria vita e sulla propria musica. In passato, infatti, l’artista si era sempre mostrato riluttante a permettere adattamenti cinematografici o biografici, preferendo mantenere un controllo rigoroso sulla propria immagine e sulla dimensione privata della sua carriera.
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