“Se riesci a sopravvivere da single a Londra, saprai cavartela di fronte a ogni avversità!”
A dirlo, sorriso in bocca, è una sollevata Bridget Jones, appena rilasciata da un carcere thailandese. Dura la vita allora, per una trentenne single nella capitale inglese. Dura la vita, se quella stessa trentenne single a Londra è in cerca dell’amore vero, di qualcuno da amare e che la ami esattamente “così com’è”.
Una divertente e nevrotica zitella over trenta
Lo stereotipo della zitella over trenta rivive e si rinnova in una strepitosa, nevrotica, buffa, ironica, divertente, intraprendente Bridget Jones, le cui avventure sono narrate ne Il diario di Bridget Jones, diretto nel 2001 da Sharon Maguire, nel suo sequel Che pasticcio Bridget Jones, girato da Beeban Kidron tre anni dopo, e infine nel terzo capitolo Bridget Jones’s baby realizzato nuovamente dalla Maguire.
La storia si basa sull’opera omonima di Helen Fielding ed è ispirata al romanzo di Jane Austen Orgoglio e pregiudizio. Il trentaduesimo anno da single di Bridget Jones, da cui il film prende inizio, porta con sé la svolta auspicata quando, tra i buoni propositi dell’anno nuovo affidati alle pagine di
un diario, la donna aveva scritto: riprendere in mano la propria vita e trovare un ragazzo.
La scelta: Daniel Cleaver o Mark Darcy?
Invischiata tra situazioni imbarazzanti e scomodi equivoci, incidenti diplomatici internazionali e consigli sbagliati ma con la voglia e la forza di rimettersi in gioco e riprovarci sempre, Bridget Jones si troverà a fare una scelta tra Daniel Cleaver, cui presta corpo e volto Hugh Grant, brillante, affascinante ma inaffidabile dongiovanni, e Mark Darcy, avvocato interpretato da Colin Firth, che del suo omonimo austeniano riprende ombrosità, introversione e sensibilità.
La metamorfosi di Renée Zellweger
Calata perfettamente nel personaggio, è da sottolineare l’interpretazione impeccabile di Renée Zellweger, candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista per questo ruolo. Americana, la Zellweger ha subito una “metamorfosi” fisica, ingrassando di circa dodici chili, e si è sottoposta a un training quotidiano di esercizi di pronuncia e dizione per sfoggiare un inappuntabile accento britannico ed entrare nei panni di Bridget nella maniera più credibile.
Spontanea, goffa, dolce, frustrata, sopra le righe, affetta da un’inguaribile incontinenza verbale e da un bisogno compulsivo di sigarette, affetto e alcool, Bridget Jones è così umana, con il suo desiderio di felicità sentimentale e professionale – da permettere che una parte di noi possa facilmente riconoscersi in lei – ma così fuori dagli standard da strapparci inevitabilmente ben più di un sorriso.