Una cascata di riccioli rossi che ricadono languidamente sulle spalle, labbra sottili e un sorriso come lama tagliente, occhi che guizzano senza posa: ecco Miss Sharp, protagonista de La fiera delle vanità, film statunitense del 2004 diretto da Mira Nair e tratto dall’omonimo romanzo di William Makepeace Thackeray.
Un film che poco lascia allo spettatore: in 110 minuti non riesce a strappare né una lacrima né un sorriso, soltanto una senso misto di stupore e ammirazione per la forza d’animo di Miss Sharp, appunto, figlia di un pittore e di una cantante d’opera, che sgomita e scalpita per poter raggiungere l’alta nobiltà inglese.
Rebecca Sharp: bellezza e determinazione
Rebecca Sharp (Becky) è una donna che non passa inosservata, suscitando invidia nelle donne per la sua sfrontata bellezza e ammaliando gli uomini con la sua determinazione. In una società profondamente dominata dall’idea di sottomissione della figura femminile, il turgore della sua carne dirompe e manifesta la fermezza delle sue intenzioni.
Becky non si arrende al proprio destino bensì lo domina e, anche quando pare che le stia scivolando di mano, trova una via di fuga per costruire una nuova realtà di cui si pone, ovviamente, come fulcro.
La conquista di casa Crawley: il matrimonio con Rawdon
La sua parabola ascendente comincia a casa Crawley, dove Becky si propone come istitutrice, attirando l’affetto della vecchia signora Crawley per ottenere l’amore di suo nipote Rawdon che, soggiogato da una donna tanto delicata nei modi quanto forte negli intenti, decide di sposarla in segreto.
La strada verso una vita di ricchezza però viene bruscamente stroncata dalla zia Crowley, che non accetta la mancanza di rispetto e decide di estromettere suo nipote Rawdon dal testamento. Nonostante gli eventi non siano a suo favore, sposare un nobile – seppur decaduto – lascia a Becky una porta aperta per puntare sempre più in alto, fino al marchese vicino di casa della signora Crawley, che non cela la sua profonda ammirazione nei confronti di Becky e decide di portarla con sé alle più importanti feste dell’alta società inglese, fino a presentarla al sovrano in persona.
Quella che però potrebbe essere scambiata per misericordia non è altro che un subdolo gioco di interessi, che si palesa quando il marchese fissa all’incredula Becky il prezzo da pagare per la sua benevolenza: tradire suo marito Rawdon o, in altre parole, sottomettersi ancora una volta. Rawdon accusa Becky di essersi venduta al marchese e, quando lei ribadisce di amare soltanto lui, risponde profeticamente che “il suo amore sarà la sua sfortuna”.
Una profezia che sembra riflettersi sul petto di Becky ed essere rimandata al mittente, tanto che il nobile, emigrato per dimenticare, muore di febbre esotica.
Le nozze con Lord Sedley
Ritroviamo invece Becky, dodici anni dopo, in un casinò di Baden Baden a guidare la fortuna dei giocatori, ancora una volta al centro delle attenzioni, quasi venerata dagli avventori.
Ed è qui che incontra Lord Sedley, sua prima fiamma non per le sue doti ma per il patrimonio, e decide di seguirlo in India, celebrando il fastoso matrimonio tanto agognato.
Forza di volontà e riscatto sociale
Interpretata da un’ottima Reese Witherspoon, Miss Sharp diventa il simbolo della forza di volontà. Anche se opinabile nelle vie e nei mezzi attraverso i quali vengono raggiunti i suoi obiettivi, è innegabile la furia dirompente di Becky, che schiaccia i restanti personaggi e li relega a sbiadita cornice, un sottobosco di annoiati marchesi, conti, duchesse e nobili per celebrare un’unica vera regina: la potenza del suo riscatto sociale.