Il nome tiene effettivamente fede al concetto di estrosità architettonica, rappresentando un vanto e non soltanto uno stile sui generis che ne definisce le linee destandardizzate.
Così si presentava un tempo La Bizzarrìa, una villa di fine Ottocento al cui cospetto si arriva costeggiando internamente il muro di confine che dall’entrata Druento del Parco Regionale La Mandria di Venaria (TO) prolunga per qualche chilometro fino a un virtuale capolinea di degradata bellezza.
Ebbene, tale dimora va a costituire una sorta di punto borderline invaso dalla vegetazione selvaggia, tanto da prenderne il sopravvento cercando di introdursi nei suoi ambienti più intimi. Non può essere ritenuta una struttura abbandonata, ma decaduta e fatiscente purtroppo sì.
Un peccato, eppure si stenta a trovare fondi per finanziare il suo restauro: si stima che La Bizzarrìa abbisogni di un budget di almeno 1 milione di euro per risorgere e tornare a stupire come faceva sul finire del XIX secolo, l’epoca in cui il re Vittorio Emanuele II né commissionò l’edificazione.
Oggi un po’ ci spaventa con quell’aspetto invecchiato, sofferente, da ghost house restia a farsi ammirare per quella che era, non per ciò ch’è diventata. Negli anni successivi alla sua nascita poteva dare sfoggio di notevole eleganza plasmata sull’idea di eclettismo fantasioso alla base della sua erezione.
Breve storia di una palazzina dalla bellezza perduta
Il sovrano sabaudo poteva contare su diverse residenze sparse in tutto il Piemonte: la Bizzarrìa ricopriva la funzione di reposoir, ovverosia di villino adibito al ristoro durante le frequenti battute di caccia.
La sua geometria complessa e le forme straordinarie sono frutto dell’acume architettonico del responsabile cantiere, Leopoldo Galli, che ne concepì e realizzò sulla pianta a base triangolare un corpus esagonale esaltato da tre torri panoramiche cilindriche ai vertici. La villa sembra sorridere con una dentatura in realtà camuffata da ringhiera che segue due scale ellittiche fino all’interno, da cui parte un’ulteriore scalinata a doppia rampa semicircolare diretta al terrazzo.
Sarebbe interessante poter attraversare i porticati e accedere al salone centrale, saggiarne i corredi affrescati a ramage e trompe l’oeil. Un desiderio che deve attendere chissà quanto ancora, negato dall’ingombrante cartello metallico che recita “pericolo crollo”. La Regione Piemonte aveva deliberato un’operazione restaurativa nel novembre 1976 ad opera di Roberto Gabetti e Aimaro Isola, che dovettero fare i conti con i crolli già avvenuti e adattare l’intervento di ripristino alla nuova forzata conformazione.
La Bizzarrìa si ripresenta vetusta e affaticata, danneggiata dalle intemperie, scolorita e forse supplicante, offuscata da siepi e piante rampicanti, stipiti cigolanti, legno marcio, ruggine e pitture scrostate di cui ancora si riesce a intuire il gusto ironico popolaresco. La villa vuole un intervento di risanamento e conservazione per tornare a vivere di visite e di voci, non di silenzi e delle eco emesse da un declino assordante.
Necessita di un serio progetto di recupero che le restituisca la bellezza perduta e, in particolar modo, la dignità di attrattiva nel Parco naturale recintato più grande d’Europa.
