“Quando non ci sarà più posto all’inferno, i morti cammineranno sulla terra.”
Questa celebre citazione da Dawn of the Dead (1978) di George A. Romero, secondo capitolo della saga iniziata con La notte dei morti viventi (1968), suona oltremodo apocalittica e la concezione pessimistica dello sviluppo socio-economico del genere umano si palesa senza ambiguità nella pellicola del cineasta di Pittsburgh.
Gli zombie del cinema classico e i morti viventi di Romero
La differenza sostanziale tra gli zombie del cinema classico – si pensi a quel I Walked with a Zombie (1943) diretto da Jacques Tourneur – e gli innovativi morti viventi romeriani risiede nella tipologia di controllo del living dead.
Il film di Tourneur pesca nella mitologia Voodoo e gli zombie vengono letteralmente controllati attraverso pratiche stregonesche, tematica ripresa peraltro da Wes Craven nello splendido Il serpente e l’arcobaleno (1988) come potente allegoria del regime dittatoriale di Papa Doc (alias François Duvalier) ad Haiti.
Romero invece, soprattutto con la pellicola del 1978, ambientata per gran parte all’interno di un centro commerciale assaltato dagli zombie, pone l’accento sulla pratica del consumismo sfrenato come controllo coatto della mente umana, persino dopo la morte. Emerge dunque la peculiarità della zombificazione come esercizio del potere e l’inquietudine generata nello spettatore dalla visione dello zombie si concretizza nella possibilità di imposizione di una volontà altra che possa assoggettarlo.
Il potere della glyptapanteles, la vespa parassitoide
Tuttavia, nella comodità rassicurante della poltrona di una sala cinematografica, di rado l’angoscia, per quanto intensa, può tradursi in concreto malessere. E se invece in natura, magari proprio nei nostri giardini, gli zombie esistessero già, e fossero reali?
La Glyptapanteles, una vespa parassitoide attiva nel centro e nord America ma anche in Nuova Zelanda, depone le uova, circa 80 alla volta, sul corpo di giovani bruchi. Le uova si schiudono e le larve si nutrono di liquidi del corpo del bruco. Giunte al termine dello sviluppo, iniziano letteralmente a manipolare il comportamento del bruco che le ospita costringendolo ad abbandonare le consuete pratiche quotidiane, compresa la ricerca del cibo, per arroccarsi come un bozzolo bodyguard che le difenda dall’attacco di altri insetti predatori.
La cosa straordinaria è che il bruco rimane vivo solo fino a quando le larve si schiudono e diventano delle vespe adulte, ed è affascinante che il momento della morte sia sintonizzato sulla durata della fase pupale della vespa.
