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Alain Delon icona di stile, talento, fascino e ribellione

Un pezzo di cinema è volato via. Il 18 agosto di quest’anno, Hollywood e il mondo intero hanno pianto la scomparsa dell’icona francese Alain Delon, deceduto all’età di 88 anni. L’attore, produttore e cantante è stato uno dei maggiori esponenti della Settima Arte transalpina, tra i più apprezzati della sua epoca per stile, talento e fascino, caratteristiche che lo hanno reso uno dei sex symbol per eccellenza.

Oltre ai decenni trascorsi sui set e i palcoscenici di tutto il globo, la vita dell’attore è segnata da un’infanzia dolorosa consumata fra solitudine, delinquenza e prigionia. Il giovane Delon, cresciuto in una difficile situazione familiare che l’ha costretto, sin da bambino, a vivere da solo con la balia, sviluppò un carattere ribelle che lo fece finire svariate volte nei guai, tra espulsioni scolastiche e provvedimenti disciplinari.

Dopo aver lavorato come cameriere e facchino, a 17 anni si arruola nell’esercito, carriera fallimentare che lo porterà a trascorrere più tempo nelle prigioni militari indocinesi piuttosto che in servizio. Dopo la guerra, Delon torna in Francia, dove passerà un anno nelle più malfamate periferie parigine tra prostitute ed espedienti, in attesa di una svolta che arriva nel 1957, anno del suo debutto sullo schermo in Godot di Yves Allegret.

Alain Delon, nascita di un attore

La futura stella farà il suo ingresso nel cinema italiano nel 1960, quando Luchino Visconti lo vorrà come suo protagonista in Rocco e i suoi fratelli, il primo grande ruolo che favorirà la sua ascesa e lo renderà un’icona. Il film, con la partecipazione della celebre Claudia Cardinale, racconta la drammatica storia di una madre e dei suoi cinque figli che lasciano la campagna del Sud per emigrare verso una Milano in pieno sviluppo industriale.

L’attore interpreta il ruolo di Rocco Parendo, uno dei fratelli che, arrivati in città, scopriranno una dimensione sconosciuta e violenta, in cui faranno fatica ad integrarsi.

I ruoli iconici: da Il Gattopardo a Il clan dei siciliani

Delon ha notevolmente contribuito a coltivare il mito del cinema italiano degli anni Sessanta, con ruoli diventati oggetto di studio per gli accademici del settore. Tra queste interpretazioni spicca quella ne Il Gattopardo (1963), capolavoro diretto da Luchino Visconti e premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes del ’63. In quest’opera, l’interprete francese veste i panni di Tancredi Falconeri, seducente principe che gode nell’assistere al declino della nobiltà siciliana di fine Ottocento. Questo ruolo porta Delon verso l’affermazione definitiva.

Nel 1967 avviene un riavvicinamento al cinema francese dove si cimenta nel noir, recitando in Le Samouräi, titolo originale di Frank Costello faccia d’angelo, pellicola diretta da Jean-Pierre Melville che racconta la vicenda di un solitario assassino professionista che cerca di scoprire chi lo ha ingaggiato e, soprattutto, chi ha tentato di ucciderlo, mentre un commissario di polizia è intenzionato a catturarlo.

Due anni dopo, il sex symbol francese mette in mostra tutto il proprio charme nella sensuale pellicola diretta da Jacques Deray La Piscina (1969), con Romy Schneider, Jane Birkin e Maurice Ronet, tutti volti noti sulla scena per la loro bellezza e il loro fascino. In particolare, il personaggio di Delon brilla a tal punto da essere scelto nel 2009 da Dior per la promozione del profumo Eau Sauvage.

Nello stesso anno uscì Il Clan dei Siciliani (1969), diretto da Henri Verneuil e con la partecipazione di Lino Ventura e Jean Gabin. In questa pellicola, le musiche di Ennio Morricone accompagnano le vicissitudini di Roger Sartet, un gangster in fuga alle prese con l’organizzazione di una rapina. Si tratta di un’opera senza tempo, apprezzatissima dai cinefili e, come le altre, perla del cinema italiano di una volta.

Delon negli anni ’70: drammi, polizieschi e tanto fascino

Un gioiello dopo l’altro, Delon torna subito sul set per la realizzazione di Borsalino (1970), con Jean-Paul Belmondo e ancora una volta diretto da Jacques Deray. La trama narra la storia di François Capella e Roch Siffredi, due gangster che cercano di farsi strada nel mondo della criminalità organizzata marsigliese degli anni Trenta.

Sempre nel 1970, Delon prolunga la collaborazione con Jean-Pierre Melville, che raggiunge l’apice con I senza nome, intenso thriller poliziesco che racconta di un rapinatore appena uscito di prigione e dei suoi compari, con i quali si preparerà per un grosso colpo. Ciò che rende questa pellicola così densa è la sequenza dell’assalto alla gioielleria, consistente in 25 minuti di tensione privi di dialoghi, tempo che ha permesso a Delon di mostrare tutto il suo talento.

Un anno prima della sua scomparsa, Jean-Pierre Melville regala al pubblico un’ultima opera, Notte sulla città (1972), in cui Delon interpreta un commissario sulle tracce di un trafficante di droga, fidanzato della donna con cui il protagonista ha una relazione. Il film, che inizialmente non ebbe molto successo, rappresenta il culmine di una collaborazione tra i grandi esponenti del cinema francese.

Quello stesso anno l’attore partecipa alle riprese de La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, malinconica vicenda di un supplente affascinato da una delle sue studentesse, che rappresenta un ruolo molto diverso da quelli normalmente associati a Delon.

Il suo talento e la carriera vengono riconosciuti ufficialmente nel 1976 con la nomination al César come migliore attore per la sua interpretazione in Monsieur Klein di Joseph Losey, una drammatica storia ambientata in una Francia violenta occupata dai tedeschi. Vede l’attore francese alle prese con il ruolo di un mercante d’arte che scopre un ebreo che usa il suo nome per sfuggire alle persecuzioni. L’opera vinse ben tre César, tra cui quello per il miglior film.

L’enorme versatilità di Alain Delon si apprezza nondimeno in due pellicole forse sottovalutate rispetto ad altri più eclatanti titoli, ma utili a comprendere bravura e classe dell’attore francese.

Parliamo di Il figlio del gangster (José Giovanni, 1976) e Quel giorno il mondo tremerà (Alain Jessua, 1977): nel primo Delon è un ex gangster impegnato a far prosciogliere il figlio Eddy dall’accusa di omicidio dopo che il giovane – in preda a droghe e alcol – fa esplodere accidentalmente un colpo di fucile uccidendo un brigadiere durante una festa; nel secondo si cala nel ruolo di un famoso psichiatra chiamato a collaborare con un commissario di polizia per fermare uno psicopatico prima che faccia saltare un teatro pieno di gente.

L’attore francese nella cultura cinematografica

Divo vissuto in un mondo dove la classe non era acqua, Alain Delon ha lasciato una sedia vuota dietro le quinte, nel cuore di ogni appassionato, di chi l’ha conosciuto e nella storia di questa industria dalle mille magie. Oggi fa parte del bagaglio culturale di ogni cinefilo, un elemento imprescindibile che sarà e deve essere tramandato nel tempo per poter affascinare nuove generazioni e spingerle verso una realtà cinematografica troppo grande per decadere.

L’unico modo per concludere la danza di una vita incredibile come questa è di non dimenticare mai l’importanza e la potenza del cinema, dell’immaginazione e dei sogni, anche se ormai “Il ballo è finito”.

Stefano Federico

Dal Salento con amore. Sono un aspirante giornalista, laureato in Sociologia e Criminologia all’Università “G. D’Annunzio” di Chieti. Sin dall’infanzia mi è stata insegnata l’importanza e la bellezza della Settima Arte e sono cresciuto in un ambiente in cui il cinema, la musica e la letteratura mi hanno fatto da fratello maggiore. Adesso, finalmente, è arrivato per me il momento di ricambiare il favore.
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