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Bambole e pupazzi, gli archetipi assoluti dell’horror

L’horror corrisponde a un genere cinematografico che, da quando è nato, si è sempre dovuto basare su archetipi divenuti nel tempo capisaldi attraverso i quali ogni film ha potuto, in qualche modo, far presa sullo spettatore.

Chiaro, va fatta una precisa distinzione fra sottogeneri (splatter, gore, torture, gothic) e fra pellicole memorabili, mediocri o semplicemente truculente al limite dell’inutilità. Tutte, però, sono accomunate dalla ricerca di elementi in grado di poter spaventare scavando nell’interiorità di chi guarda, andandone a sradicare vecchi ricordi, piccoli e grandi traumi, fobie e ossessioni sussistenti a livello assolutamente soggettivo.

Il giocattolo nell’horror soprannaturale

James Wan, giovane regista maltese di prematuro talento, ha battezzato la propria filmografia con un thriller, Saw – L’enigmista (2004), capace di giocare con vari concetti quali la giustizia, l’egoismo, la prepotenza o la redenzione. Visto l’enorme successo d’esordio, Wan passa a pugno chiuso a un altro livello, tuffandosi nell’horror soprannaturale e migliorando il proprio stile registico.

Il talento puro viene fuori e partorisce Dead Silence (2007), dove il cineasta conferma e rafforza un artifizio funzionante: il giocattolo. È nella natura dell’uomo rincorrere il divertimento, l’intrattenimento, cosicché quand’egli è ancora bambino, l’unico modo per trovarlo è il gioco, o più precisamente il giocattolo.

Gli archetipi del giocattolo: la bambola e il pupazzo

Se si va a ritroso nel tempo accantonando ogni velleità moderna, fatta di surplus fin troppo elaborati, ecco apparire i due archetipi del giocattolo, vale a dire la bambola e il pupazzo, costruiti artigianalmente, con dettagli fisionomici talmente ben fatti da poter dare quasi vita a un oggetto.

Su questo principio si fonda una corrente orrorifica che li vede diventare il simbolo o la materializzazione di un incubo ancestrale, la personificazione della minaccia e della paura, preludi a eventi terribili destinati a perpetrare sofferenza e morte. In Saw – L’enigmista l’assassino parla attraverso una marionetta seduta su un triciclo, il cui volto inquietante sembra davvero animarsi. Per definizione la marionetta è un pupazzo in legno (o altro materiale) con corpo intero che viene mosso dall’uomo a distanza.

Alla luce di ciò, Wan insiste sull’archetipo e in Dead Silence rende il giocattolo protagonista: Billy (questo il nome del pupazzo) incarna lo spirito della ventriloqua che lo ha creato, Mary Shaw, portando la morte a chi lo possiede.

Nell’angosciante L’evocazione (2013) la chiave di volta è Annabelle, una bambola posseduta dall’oscura anima di un’affiliata a una setta demoniaca.

Dolls e La bambola assassina

La predilezione di Wan per i pupazzi affonda le radici in un panorama cinematografico veramente ampio, ricolmo di esempi pregressi, risalenti agli anni ’80. La dark tale Dolls (Stuart Gordon, 1987) conferisce alla bambola un’identità che si affermerà definitivamente con il più truce e affatto buonista La bambola assassina (Tom Holland, 1988), che esplora i caratteri della commedia horror.

L’estetismo ludico di Profondo Rosso

Il reale precursore è però Dario Argento, che nel mitico Profondo Rosso (1975) introduce in scena una marionetta su triciclo un attimo prima che un personaggio – il professor Giordani – venga barbaramente ucciso nella propria abitazione. Il regista filma inoltre bambole impiccate nel domicilio della scrittrice Amanda Righetti, anche lei assassinata.

Il ricorso all’estetismo ludico risulta allora efficace e seguita a incontrare l’orizzonte d’attesa di un pubblico cinefilo sempre più esigente ma invariabilmente affascinato da una finzione che può talvolta suggestionare più della realtà.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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1 thought on “Bambole e pupazzi, gli archetipi assoluti dell’horror

  1. I film horror dove sono presenti pupazzi o marionette mi hanno sempre impressionato più di altri… Forse per la “finta” innocenza che trasmettono o forse perché essendo molte di queste antropomorfe e senza contenuto, si prestano maggiormente come “canali” per cose inquietanti

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