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I sudari di Cronenberg: The Shrouds

Photo credits: Gravetech Productions Inc

Con The Shrouds – Segreti sepolti il cineasta canadese David Cronenberg prosegue la sua riflessione radicale sul corpo e sul confine fragile che separa la vita dalla morte. Dopo aver scandagliato per decenni le mutazioni organiche, le malattie dell’anima e le simbiosi tra carne e tecnologia, sceglie il sudario come nuovo oggetto simbolico, trasformandolo in un dispositivo filosofico e religioso.

Il sudario, nel suo significato originario, è il tessuto che avvolge i corpi dei defunti. Nel Cristianesimo è diventato reliquia, segno di presenza e al tempo stesso assenza: impronta della carne, ma anche testimonianza di un trapasso che trascende l’umano. Cronenberg, che da sempre decostruisce la corporeità per spingersi oltre il visibile, utilizza questo simbolo per interrogarsi su ciò che resta dell’uomo dopo la fine biologica.

La morte, in The Shrouds, non è intesa come evento conclusivo, ma come passaggio a un nuovo regime dell’esistenza: il post-vitam. Non un Aldilà tradizionale, popolato da divinità o promesse di resurrezione, ma un territorio intermedio in cui la tecnologia e la memoria diventano i veri custodi del corpo. Il sudario, in questo senso, assume un valore ambivalente: oggetto di sacralità e al contempo strumento scientifico, quasi un supporto in cui il defunto può continuare a “scrivere” la propria presenza.

Ed è qui che emerge il sentimento più universale: il desiderio umano di non svanire del tutto, di restare. Restare nella mente di chi amiamo, nei luoghi che abbiamo abitato, negli oggetti che portano la nostra impronta. È un bisogno che appartiene a chi rimane in vita, ma anche a chi se ne va, nell’illusione che un frammento di sé possa continuare a vivere in qualche forma.

Il “dramma della presenza”

Ernesto De Martino parlava di questo come del “dramma della presenza”: la paura di dissolversi nel nulla, che spinge l’uomo a creare rituali, simboli e pratiche per trattenere l’essere oltre la morte. The Shrouds intercetta questa tensione ancestrale, inscrivendola in una dimensione che è tanto spirituale quanto tecnologica.

Non a caso anche Ernst Becker, nel celebre The Denial of Death, vedeva nella cultura e nell’arte il tentativo di costruire una forma di immortalità. Le nostre opere, le nostre immagini, le nostre tracce servono a contrastare la consapevolezza della finitudine. In questo senso, i sudari di Cronenberg non sono soltanto tessuti funerari, ma superfici narrative: un cinema che diventa memoria, un atto creativo che combatte l’oblio.

Il film mette in scena una tensione costante: da un lato il bisogno umano di ritualizzare la perdita, di circondare il corpo con segni tangibili; dall’altro, la tentazione di non lasciar andare, di trattenere artificialmente i morti in un eterno presente. Cronenberg non offre consolazioni né risposte definitive: i suoi sudari non sono veli che coprono, ma superfici che rivelano, che scompongono la distinzione tra spirituale e materiale, tra fede e scienza.

Filosofia del post-vitam

In questo orizzonte, la “filosofia del post-vitam” di Cronenberg appare come un’estensione del suo cinema di sempre: là dove prima esplorava la metamorfosi del vivente, ora mette a fuoco la sopravvivenza del non-vivente. Se in opere come Videodrome o Crash il corpo era ancora luogo di esperimenti e contaminazioni, in The Shrouds esso diventa pura traccia, reliquia tecnologica, memoria incarnata. Guardare The Shrouds significa confrontarsi con la domanda più radicale: cosa rimane di noi dopo la morte?

Un tessuto, un’immagine, un dato digitale, un ricordo che si ostina a esistere. Per Cronenberg, forse, il sudario non è altro che l’ultimo schermo: quello su cui il cinema stesso, arte di fantasmi e resurrezioni, continua a proiettare la nostra presenza.

Giorgia Lanzilotti

Giorgia Lanzilotti, nata a Brindisi il 28 gennaio 2004. Studia Teatro, cinema e media presso l'università La Sapienza di Roma. Autrice e regista del corto "INSIDE" in concorso ai David di Donatello 2024. Si avvicina al mondo delle arti cinematografiche e teatrali sin da piccola (6 anni), e decide di farne un lavoro.
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2 thoughts on “I sudari di Cronenberg: The Shrouds

  1. Sono rimasta colpita dalla descrizione perfettamente articolata della tematica del film che dai vari riferimenti. Inoltre sono particolarmente interessata al soggetto del film.

  2. Grazie di cuore per il suo feedback! È un tema che travolge e trascina, capace di aprire a tantissime visioni diverse. Io l’ho vissuto da spettatrice, lasciandomi trasportare da quello che il film racconta, ed è lo stesso invito che rivolgo a tutti: perdersi. Se non ha ancora visto il film, le auguro una buona visione.

    Giorgia Lanzilotti

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