
La convivenza di più creature in un ecosistema tanto ostile quanto primordiale è il tessuto su cui si consuma con avvincente foga la parabola di caccia di Dek, lo Yautja finalmente protagonista di un film che rappresenta il tassello più vivace del franchise Predator.
Dan Trachtenberg trasforma Predator: Badlands in un incontro scontro fra esseri unici e formidabili, specie estremamente diverse fra loro che possiedono caratteristiche alla base della loro inconfondibile unicità.
Nel bestiario convulso presente sul selvaggio pianeta Genna, il giovane Dek è impegnato a cacciare un mostro che il suo stesso infimo Padre teme, ovvero il Kalisk, un gigantesco animale in cima alla catena alimentare, senza predatori naturali.
Rispetto a esseri ormai estinti da milioni di anni, i dinosauri, il Kalisk sembra saper gestire il proprio istinto dimostrando intelligenza soprattutto nel modo di muoversi e di manifestare il comportamento. Nella lotta con Dek questo colosso, molto simile per morfologia a un primate sebbene di dimensioni assai maggiori, si batte con una consapevolezza precisa: sa di essere la creatura dominante e predominante in un mondo che non l’ha mai sconfitta.
Il Kalisk e il potere della rigenerazione
La sua invulnerabilità gli viene conferita da un potere eccezionale, e cioé riuscire a rigenerarsi in tempo reale, sanando anche le ferite più profonde e persino le mutilazioni: lo Yautja con cui si scontra gli trancia di netto coda e testa con la sua spada al plasma ma quelle parti anatomiche si riattaccano da sole al corpo come se il colpo non fosse mai stato inferto.
Una rapidissima rigenerazione cellulare di questo tipo, mai rilevata in nessun’altra creatura vivente, fa gola alla Weyland-Yutani Corporation che, come sappiamo fin dai tempi del primo inarrivabile Alien di Ridley Scott, mira a catturare e studiare le più pericolose specie dell’universo – Xenomorfo compreso – al fine di trovare applicazione diretta nel comparto militare.
Il Kalisk diventa così la cavia perfetta per la Corporazione, abituata a servirsi di viscidi funzionari e infidi sintetici (Thessa è l’esempio più recente ma Ash rende ancora meglio l’idea) per fare il cosiddetto lavoro sporco a costo di sacrificare vite (l’equipaggio della Nostromo ne sa qualcosa).
Anatomia del Kalisk
La Weyland-Yutani cataloga ogni specie attribuendole un codice e nel caso del pachidermico Kalisk si tratta del num. XX0522. In Predator: Badlands la sua prima apparizione ricorda l’incedere di un Tirannosaurus Rex e l’inesorabilità del mitologico Kraken descritto dagli antichi Greci. Una figura nera, ricoperta da lunghe penne, provvisto di ganasce espandibili, una coda lunga e prensile.
Due i punti di forza: la bocca enorme dalle molteplici file di denti aguzzi e provvista di lingua tentacolare, e la sopracitata capacità di guarire autonomamente rigenerandosi all’istante. Si nutre di carne, in particolare di bisonti ossuti in quanto sufficientemente grossi da garantirgli l’apporto proteico necessario alla sua sopravvivenza. Beve acqua e si approvvigiona alla foce delle numerose cascate idriche presenti su Genna.
Il Kalisk, infine, segue la distinzione maschio/femmina. Possiede un apparato riproduttivo e può dunque generare figli ma resta un mistero sul come, ovvero se deponendo uova oppure partorendo tempo dopo l’accoppiamento. Nel film di Trachtenberg questo è un aspetto irrilevante, ma la curiosità resta e chissà che non vi sia occasione futura per appagarla, magari in un prossimo sequel.

