La società odierna ci ha tristemente abituato – inutile negarne l’evidenza – a individuare soggetti da etichettare sistematicamente sulla base di differenze legate al ceto, al livello culturale, al carattere, al modo di vestire e mostrarsi, alla posizione ricoperta nella collettività. Si viene così a creare un distinguo, un giudizio spietato ed errato che prevede il crearsi di fazioni di gruppo, di binomi anteposti come i forti e i deboli, i timidi e gli estroversi, i ricchi e i poveri.
Il film Carrie, diretto nel 1976 da Brian De Palma, rappresenta un po’ la summa di questi aspetti, accentuando la sua spiccata valenza drammatica che carica e sovraccarica una tragicità inevitabilmente destinata a esplodere con conseguenze terribili. La sintesi sconvolgente di questo sfogo pregno di frustrazione e disperazione evolve nel pre-finale, cioè la scena per la quale la pellicola di De Palma si è costantemente preparata configurandosi come un’escalation di eventi crudeli, patiti dalla protagonista fino alla resa dei conti.
Disperazione e vendetta
Continuamente vessata dalle compagne e piegata dal loro disprezzo, Carrie subisce l’ennesimo scherzo del branco. Facendole credere di essere stata eletta reginetta della festa, Carrie viene attirata sul palco per ricevere gli applausi meritati ma, nel momento della sua massima felicità e illusoria rivalsa sociale, viene inondata di sangue di maiale fatto cadere da un secchio sospeso.
La ragazza, sconvolta, ripiomba nell’arcaica disperazione. Immaginando di essere sottoposta al pubblico ludibrio (ma è in realtà tutto frutto della sua mente devastata dalla vergogna) Carrie mette in atto l’atroce vendetta, facendo ricorso al proprio potenziale telecinetico. Accecata dall’odio e dall’ira fomentati dai continui soprusi, la protagonista scatena letteralmente l’inferno.
Split screen: panico e tragedia
De Palma decide di girare la scena con la tecnica dello split screen, evidenziando una prospettiva che mira a inquadrare simultaneamente azione e reazione, carnefice e vittime. La dolce ragazza timida e introversa sembra d’un tratto scomparsa in favore di una strega implacabile, che si rivela in una luce rosso sangue, per prendere le parti del corpo che la contiene e colpire i suoi persecutori, nessuno escluso.
I ricordi di Carrie, gli affetti, gli attimi felici non contano più della volontà di distruggere tutto e tutti, ripulendo quell’anfratto di mondo dalla cattiveria e dal cinismo. Lo sguardo di Carrie sembra come posseduto, occhi sgranati, muscoli tesi in una rigidità spiritica. Il panico della folla si manifesta come previsto, ognuno dei presenti è in trappola.
La tragedia si consuma al suono quasi soprannaturale dell’inesorabilità, latente, esistente al fine di colmare quel lungo silenzio che aveva dapprima pervaso le iniziali immagini di Carrie ricoperta di sangue. La furia ribelle non risparmia nessuno e il salone prende rapidamente fuoco bruciando come un girone dantesco.
La vendetta si compie: sipario
Nella concitazione dell’interminabile sequenza, la cinepresa inquadra ora l’esterno e per la precisione la porta d’ingresso, dalla quale esce con passo lento la protagonista, lasciandosi alle spalle un rogo composto da fiamme fameliche. La vendetta si compie, le grida echeggianti si affievoliscono, e sulla notte cala il sipario.