“Carpe Diem, cogliete l’attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita.”
È con questa frase ricca di speranza ed energia che il professor Keating – motore propulsivo del magnifico L’attimo fuggente di Peter Weir – anima alcuni degli studenti del collegio maschile Welton, nel quale è chiamato a portare avanti la propria missione, ovvero insegnare la letteratura stimolando lo spirito critico e il libero pensiero nei giovani fruitori.
Un’idea sovversiva per i decani della scuola, inclini a indottrinare e incasellare gli allievi anziché assecondarne le naturali propensioni; una prospettiva inedita e rivelatoria per Todd, Knox, Charlie e Neil (uno straordinario Robert Sean Leonard), illuminati dall’anticonvenzionale docente e, soprattutto, dalla Setta dei Poeti Estinti di cui egli faceva parte in passato e che ora è stata ricostituita, risuscitata nelle notti clandestine e bellissime.
Poesia come nutrimento, come via della seta, traccia di vita, lanterna nell’oscurità: la parola acquisisce magnetismo e fascino non per la sua eleganza lirica quanto piuttosto per l’universo altro che essa esprime.
Il grande sogno di Neil
Neil più di tutti i suoi amici e compagni ne coglie un sussulto, una voce capace di rapirlo cullandone il grande sogno, un sogno che cresce e non si arresta: il teatro. Finalmente sa qual è la sua strada, il punto da cui partire e la destinazione alla quale aspirare. Un sogno che vorrebbe trasformarsi in realtà per definire il proprio futuro purtroppo corrotto e minato dalle ambizioni del padre, l’intransigente Mr. Perry.
Il genitore, che dovrebbe rappresentare il catalizzatore delle confidenze e un positivo fattore di orientamento oltre che solido rifugio affettivo, è in tal caso la rovina. Mr. Perry non approva il disinvolto metodo di insegnamento di Keating, pressa continuamente suo figlio per il quale deve esistere solo lo studio senza deviazioni né distrazioni, e il teatro è fra queste. Inaccettabile.
Il giovane – brillante, sensibile e caratterialmente fragile – non ha la forza di opporsi a un uomo freddo, perentorio, lapidario nei giudizi, conservatore e terribilmente maniacale, padrone assoluto in una famiglia dove la moglie non ha alcuna voce in capitolo sulle decisioni, succube del consorte e pronta a subire gli eventi, anche il più tragico: la morte di Neil.
Essa avviene in una gelida sera d’inverno, dopo la recita teatrale in cui il ragazzo – nonostante il parere contrario del padre – si è esibito nel ruolo di Puck nella commedia shakespeariana Sogno di una notte di mezza estate, incantando la platea con un talento manifesto, cristallino. Un trionfo e una rivalsa strozzati sul nascere da Mr. Perry che, indignato e incollerito dall’accenno di ribellione, per tutta risposta comunica a Neil di volerlo iscrivere a un’accademia militare avviandolo poi alla professione medica.
Un’ultima parte da recitare
Il sogno è finito ma Neil ha ancora un’ultima parte da recitare, e lo fa assolvendo a un preciso rituale avvolto dal silenzio. E così, mentre al bordo del letto Mr. Perry allinea perfettamente le proprie pantofole prima di coricarsi (dimostrando una volta di più di essere imprigionato nelle sue inconcepibili manie ossessivo-compulsive), il figlio procede con il cerimoniale nella propria stanza.
Dismette gli abiti restando a petto nudo, di fronte alla finestra aperta dalla quale entra l’aria fredda che Neil respira a pieni polmoni chiudendo gli occhi. Peter Weir riprende i movimenti del giovane inquadrandone solamente l’ombra sul muro – drammatica proiezione dello stato d’animo di Neil, oramai ridotto a una sorta di fantasma – e in primo piano la corona indossata durante lo spettacolo teatrale, destinata a diventare una reliquia a testimonianza di un desiderio infranto. La somiglianza con la corona di spine cristiana appare da subito evidente, simbolo di un ferale fardello.
Non resta che scendere nello studio, aprire il cassetto della scrivania, impugnare la pistola e… nessun colpo si ode, ma soltanto l’improvviso risveglio di Mr. Perry, destato da un rumore che ha il sapore della sensazione terribile, di qualcosa di pervasivo e sconvolgente. Un incubo? Purtroppo no. Le luci della casa si accendono, in camera nessuno e di sotto un odore di polvere da sparo, un fumo che sale dal pavimento, laddove Neil è riverso esanime, immobile, raccolto dal padre dopo uno straziante urlo nel ralenti più lungo e agghiacciante, il ralenti dell’amara constatazione.
Neil, ultimo atto. Sul palco cala il sipario tinto di rosso. Il sogno è davvero finito!