Stanley Kubrick possedeva uno strumento infallibile per esercitare critica e ironia. Uno strumento che gli permetteva di delegittimare l’ordine costituito proprio attraverso quell’ordine stesso, esacerbandolo e spingendolo alle estreme conseguenze: questo strumento è la simmetria.
Il regista se ne serviva spesso quando intendeva rappresentare i luoghi tipici del potere, le strutture coercitive che in ogni modo attentano alla nostra libertà. Una di queste è la caserma di Parris Island, dove si svolge la prima sezione di Full Metal Jacket. Qui i soldati vengono addestrati duramente prima di essere imbarcati per il Vietnam, e sono loro inculcati i principi cardine dell’espansionismo coloniale americano.
Il sergente Hartman nella simmetria di Kubrick
Questi principi sono incarnati alla perfezione dall’inflessibile sergente Hartman, interpretato magistralmente da un ex istruttore di marines, Ronald Lee Ermey. Il sergente istruttore ci viene presentato in medias res, durante la sua prima ispezione al nuovo gruppo di reclute. Lo vediamo camminare in direzione della macchina da presa. Alla sua destra, in piedi davanti alle brande, ci sono i soldati in posizione di attenti, mentre a sinistra una fila di colonne fa da contraltare a quelle linee verticali.
Come spesso accade in molti suoi film, Kubrick fa anche qui un largo uso del grandangolo, una tecnica speciale che gli consente di comprimere in una sola inquadratura uno spazio visivo molto più ampio del normale. In questo modo l’immagine si carica di valori espressivi, e diventa oltremodo straniante.
Gli oggetti assumono infatti proporzioni inaudite, forzano i limiti della prospettiva; le dimensioni appaiono ingrandite o ridotte, e producono in chi guarda un sentimento di inquietudine e minaccia. Quest’effetto singolare di oppressione scaturisce inoltre dal continuo susseguirsi delle stesse coordinate.
Basti solo notare come, durante il giro d’ispezione del sergente, lo spostamento all’indietro della macchina da presa produca un’alternarsi di sezioni orizzontali e verticali tutt’attorno alla figura in movimento: i soldati e le colonne ai lati, e la fila delle travi nel soffitto. Questo alternarsi di pieni e di vuoti, queste linee che si susseguono rapidamente suggeriscono l’immagine di un tunnel, un percorso obbligato cui è impossibile sottrarsi.
Una geometria democratica
Anche il discorso del sergente, nonostante il contenuto delirante, appare formalmente ineccepibile, geometrico. La sua proposta è a in qualche modo democratica: all’interno del gruppo le differenze religiose e sociali non contano; tutti sono perfettamente uguali, almeno all’inizio. Solo chi, più di tutti, saprà rinunciare a se stesso, rinnegare il proprio destino individuale e divenire un tutt’uno con il corpo dei marines, potrà davvero diventare qualcuno.
Estraneità e inadeguatezza del soldato Palla di Lardo
Non tutti ci riescono. È il caso per esempio del soldato Palla di Lardo. La sua incapacità congenita di entrare a far parte di quel determinato meccanismo lo condanna alle continue vessazioni del sergente e dei compagni, esasperati dalle sue mancanze. Il suo contegno è fortemente sbilanciato; non ha i tempi giusti, è impacciato, sovrappeso.
Questa sua inadeguatezza è resa evidente da Kubrick, come sempre attento a ogni minimo particolare. Prendiamo per esempio la scena in cui il sergente, durante un’altra ispezione, si accorge che il soldato si è portato di nascosto in camerata una ciambella. Per punirlo di questa sua trasgressione, e insegnare la violenza contro ciò che non si adegua, lo costringe a stare in piedi, al centro della camerata e con in bocca la ciambella, mentre gli altri, in fila accanto a lui, eseguono una serie di flessioni molto dura.
È la testimonianza visiva dell’estraneità di questo soldato, del suo vivere al di fuori del sistema: la sua presenza al centro altera la simmetria dell’immagine; l’equilibrio della forma è compromesso, così come l’efficienza della truppa.
L’equazione della violenza
Palla di Lardo troverà il suo riscatto solo molto più tardi, quando la pazzia lo avrà allontanato definitivamente da se stesso, trasformandolo in un automa straordinariamente efficiente. Ma la carica di violenza e frustrazione non sarà incanalata verso un nemico esterno. Una notte, Palla di Lardo esploderà due colpi di fucile, uno dritto al cuore del sergente, l’altro rivolto a se stesso.
È l’equazione della violenza: dal carnefice alla vittima, e dalla vittima al suo carnefice. Nulla si perde, e tutto viene restituito; il risultato, abbiamo visto, è uguale a zero.