- Cinema e divano

Alpha

Dove vederlo: Al cinema

Titolo originale: Alpha

Regia e sceneggiatura: Julia Ducournau

Cast: Tahar Rahim, Golshifteh Farahani, Mélissa Boros, Emma Mackey

Musiche: Jim Williams

Produzione: Francia, Belgio 2025

Genere: Drammatico

Durata: 128 minuti

Trailer

Crediti foto: ┬®MANDARIN & COMPAGNIE KALLOUCHE CINEMA FRAKAS PRODUCTIONS FRANCE 3 CINEMA

Trama

Alpha (Mélissa Boros) è una tredicenne che torna a casa con un tatuaggio a forma di “A” incisa sul braccio, scatenando nella madre (Golshifteh Farahani) il terrore di una malattia, simile a quella che ha colpito il fratello tossicodipendente.

Recensione

In Alpha, Julia Ducournau ci trascina in un universo che pulsa di dolore, ansia e fragilità, ma anche di una sorprendente delicatezza. La regista riporta lo spettatore agli anni ’80 in cui la paura di una malattia sconosciuta e il pregiudizio incombevano nelle strade. Non è un caso che abbia preso spunto dall’esplosione in quel periodo dell’HIV, riattualizzata dopo l’esperienza del Covid.

L’angoscia del contagio diventa qui soprattutto paura dell’altro, fobia collettiva che si traduce in esclusione, stigma e violenza. Lo si vede soprattutto nel cinismo dei compagni di classe di Alpha, capaci di trattarla come un’emarginata e guardandola con disprezzo, come se bastasse starle accanto per contaminarsi.

La macchina da presa soffoca e abbraccia allo stesso tempo, restituendo immagini di corpi segnati, ambienti decadenti e una città che sembra respirare la stessa ansia dei personaggi. Dentro una narrazione che alterna presente e passato, incubi e ricordi, prende forma un quadro familiare intenso: la madre di Alpha, instancabile infermiera, si fa in quattro per occuparsi dei suoi pazienti in ospedale, provando parallelamente le preoccupazioni di una presunta infezione della figlia.

La giovane Alpha diventa il volto dell’insicurezza: quel tatuaggio che sanguina diventa metafora di un contagio che non è solo malattia, ma anche timore e imbarazzo. Tra Alpha e lo zio Amin nasce intanto un legame commovente: due esclusi che si riconoscono nello stesso dolore e trovano l’uno nell’altra un’imprevista forma di solidarietà.

Ducournau non indietreggia davanti al sangue, agli aghi, alla resa di un’infezione con un’intuizione molto originale, ma sceglie questa volta di alternare immagini disturbanti a momenti di dolcezza, volendo abbracciare anche la speranza.

Curiosità

Tahar Rahim, premio César per Il Profeta di Jacques Audiard, ha perso 20 chili per interpretare lo zio tossicodipendente.

Federico Angiolini

Nato a Milano nel 1998, laureato in Nuove Tecnologie dell’Arte e poi in Cinema & Video a Brera. Da quando mio padre mi ha trasmesso la sua passione per la Settima Arte, la mia vita è un continuo sognare ad occhi aperti… da allora passo con naturalezza dal brivido dei thriller di Fincher all’epicità intramontabile di Scorsese, dalle genialità folli di Edgar Wright ai nuovi orizzonti degli horror firmati Eggers, Peele e Aster. Amo perdermi nelle storie oscure e imprevedibili del cinema coreano ma un amore non mi lascerà mai: l’animazione, capace ogni volta di farmi tornare bambino.
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