- Cinema e divano

I figli della notte

Titolo originale: I figli della notte

Regia: Andrea De Sica

Sceneggiatura: Andrea De Sica, Mariano Di Nardo, Gloria Malatesta

Cast: Vincenzo Crea, Ludovico Succio, Fabrizio Rongione

Musiche: Andrea De Sica

Produzione: Italia 2016

Genere: Drammatico

Durata: 85 minuti

Trailer

Foto: © 01 Distribution

Trama

Il diciassettenne Giulio (Vincenzo Crea) viene mandato dalla madre in un collegio del Trentino Alto Adige per imparare ordine e disciplina. Tra rampolli dell’alta società e giorni che sembrano non passare mai, il ragazzo affronta lezioni e finestre di solitudine insieme al ribelle Edoardo (Ludovico Succio), con il quale instaura un’amicizia salvifica.

I due, controllati a distanza dagli insegnanti, si danno a momenti di trasgressione e fughe notturne. L’incontro con la prostituta Elena (Julia Bol) in un night genera nel giovane Giulio un misto di desiderio ed evasione, mentre in Edoardo sembrano essere germogliati i primi segni di crisi esistenziale.

Recensione

Nell’opera prima di Andrea De Sica – figlio del compositore Manuel De Sica e nipote del grande Vittorio – la canzone “Ti sento” pubblicata nel 1985 dai Matia Bazar fa da sottotesto musicale e attraverso la meravigliosa voce di Antonella Ruggero spiega e illustra un profondo disagio insito nei personaggi: “Ma è un mondo che mi scoppia dentro”, “Atlantide, isola persa”, “Amanti soltanto accennati”, “Nell’aria un amore selvaggio”.

Sono tutti versi che sembrano letti da una coscienza messa a nudo su un leggio invisibile, che vuole gridare ma nel buio sibila appena come un’ugola strozzata. I figli della notte è un lungometraggio che sussurra per tutta la sua durata, lasciandosi andare a brevi ebbrezze, incontrando piccoli brividi sull’orlo del precipizio, in un clima di ferrea solitudine e isolamento dal mondo.

Il perché De Sica voglia da subito indurre lo spettatore a considerare il collegio una sorta di prigione correttiva corrisponde al primo punto da decifrare. Quel limbo vive in realtà nell’ovvio dissenso dei giovani reclusi, affidati a quella struttura da famiglie che li vogliono là, chi per crescere, chi per espiare qualche colpa, chi ancora per apprendere i fondamentali della disciplina pretesa dall’high class.

Fra le mura dell’istituto circondato dalle montagne innevate è confinata una generazione lasciata in parte libera di muoversi, studiata e analizzata, osservata, spiata dal corpo docente trasformato in un Grande fratello orwelliano, che tuttavia si palesa solo per assenza, e il laisser faire diviene in breve inspiegabile, inattivo e trasandato.

I figli della notte si nutre di silenzi, di penombre e di un’amicizia che mostra segni appena accennati di transitoria omosessualità adolescenziale, ovverosia quella che sopravviene e scompare nella fase dell’orientamento appunto sessuale. Giulio trova nella prostituta Elena la propria metà mancante (o si illude di averla trovata), mentre Edoardo cova il germe della gelosia e della delusione.

Il gioco dei naufragi di queste intimità si svolge però troppo in fretta, tradotto da una sceneggiatura a sei mani forse con qualche strappo eccessivo, qualche raccordo eluso e piccole voragini impossibili da non notare.

Al 34° Torino Film Festival il film ha incontrato il favore del pubblico, il regista si è guadagnato un Nastro d’Argento raggranellando premi in altre kermesse, ma non si spiega così tanto clamore per questo lontanissimo e freddissimo cugino sbarbato de L’attimo fuggente, in cui a sopravvivere alla fine è solo il cinismo fanciullesco incapace di provare rimorsi e senso di colpa. L’italica setta dei poeti estinti muore ancor prima di riuscire a declamare qualche verso di Walt Whitman.

Curiosità

La produzione ha scelto per le riprese il Grand Hotel Dobbiaco, trasformato per l’occasione in collegio.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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