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Io sono leggenda (libro)

Quando Richard Matheson scrisse e pubblicò Io sono leggenda, non poteva certo immaginare che la sua terza opera letteraria avrebbe fatto il giro del mondo ispirando nuovi orizzonti e un cinema alla ricerca di un’innovativa rampa di (ri)lancio.

Era il 1954: eventi principali

Era il 1954, l’anno della prima dimostrazione di un sistema di traduzione automatica IBM, del varo del primo sottomarino a propulsione nucleare ammesso nella US Navy, della tremenda sconfitta francese in terra vietnamita e della dichiarazione di incostituzionalità della segregazione razziale negli istituti scolastici statunitensi, oltre alla messa in commercio negli USA del televisore a colori.

Il 1954 fu, soprattutto, l’anno della prima vaccinazione di massa contro la poliomielite grazie al vaccino di Jonas Salk, una vittoria della medicina sulla malattia che ha stroncato vite rovinandone tantissime altre. Non è dunque un caso che il fenomenico libro di Matheson – best-seller planetario ancora nell’alveo di molti ambiziosi lettori – trattasse di una pandemia su scala globale estremizzandone il rapporto causa-effetto.

Cosa racconta Io sono leggenda

La storia è quella di Robert Neville, unico sopravvissuto alla dilagante propagazione di un micidiale batterio in grado di trasformare le persone in vampiri senza più umanità in corpo. L’uomo, che ha perso moglie e figlia, deve affrontare la desolazione di un mondo immobile, depauperato di ogni barlume di esistenza, guardandosi però dagli infetti, intere orde di voraci creature sensibili alla luce.

Neville vive la quotidianità tra le strade deserte di Los Angeles di giorno, stanando e uccidendo quanti più non morti possibile, e barricato nella sua casa di notte, pronto a resistere agli assedi dei malati che lo vorrebbero vampirizzare. Lui ha un obiettivo: capire la reale origine del batterio alla base della catastrofe, la biologia dell’infetto e il suo comportamento affinché possa riuscire a sintetizzare un siero in grado di invertire il processo degenerativo, in breve lo spettro di una qualche forma di guarigione.

I grandi problemi sono due, ovvero la difficoltà nel catturare un infetto su cui sperimentare e il carattere autodidatta delle proprie conoscenze in quanto lui non è né un medico né uno scienziato. A tutto ciò si sommano le insidie del tempo che passa e le missioni del giorno, oltre al male oscuro generato dalla solitudine, la paranoia.

Ormai abbandonato all’unica forza capace di inebriarlo, l’alcool, l’uomo deve difendere la roccaforte, convivere con il dolore del lutto familiare, gli incubi del passato, la paura di veder esaurirsi le risorse a disposizione, il pessimismo in relazione a un futuro buio, scevro di qualunque possibilità di salvezza e redenzione.

Temi del romanzo: sopravvivenza, ragione e follia

Io sono leggenda è un romanzo molto intimo, in verità, che rimarca sì il concetto di sopravvivenza ma a un livello tale da esacerbare non soltanto le situazioni disperate, bensì anche quelle apparentemente di stasi. Ben poco si discute del mondo passato: l’ego attivo di Neville è orientato al presente fatto di agonia perenne, alienazione sempre più profonda e spersonalizzazione.

Nei suoi tentativi di autopreservazione puramente istintiva, cerca di tenere salda la ragione, incalzata dalla follia che tenta di far breccia esattamente come fanno i vampiri nei confronti della casa. Neville è un Robinson Crusoe in una sterminata isola d’asfalto che ha i connotati di una società ormai estinta ma incinta di qualcosa di oscuro, di una nuova congrega che prolifera e cresce, ansiosa di sostituire la vecchia umanità.

E’ però anche un Dracula al contrario, non un mostro fra gli uomini ma un uomo fra i vampiri.

Versioni cinematografiche di Io sono leggenda

Le rese cinematografiche del libro di Matheson hanno indubbio fascino e si distinguono le une dalle altre per differenze e piccole distanze dalla fonte letteraria, ma peccano tutte indistintamente di incompletezza, edulcorate e votate più allo spettacolo che alla definizione del concetto primario, la lacerazione interiore.

L’ultimo uomo della Terra diretto nel 1964 da Ubaldo Ragona sceglie un criptico bianco e nero ideale per incupire l’intera scenografia e Vincent Price coglie lo spirito afflitto del protagonista riversandolo splendidamente sulla pellicola.

Nel 1971 è la volta di 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra di Boris Sagal, una tragedia a colori che lascia intravedere la speranza superando alcuni cardini di pessimismo. Il Neville di Charlton Heston è ben vivo, ironico e inesauribile, non propriamente il character creato da Matheson ma piuttosto la sua versione combattiva.

Io sono leggenda di Francis Lawrence, datato 2007, vuol essere un prodotto per le platee e, soprattutto, per chi il libro non lo ha letto ignorando qualunque discrepanza (e sono tante). Hollywood mette in scena il Neville afroamericano di Will Smith, uno scienziato militare in lotta insieme al fedele pastore tedesco Samantha contro orde mostruose di vampiri creati digitalmente e scatenati come gli zombi indiavolati de L’alba dei morti viventi di Zach Snyder (2004).

Date retta, se non avete ancora visto i tre film poc’anzi dibattuti, leggete prima il capolavoro di Matheson, vi aiuterà a esprimere un giudizio più logico, sensato e consapevole sulle trasposizioni cinematografiche, belle certo, ma non abbastanza per essere anche doverosamente fedeli.

Samuele Pasquino

Classe 1981, mi sono laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Torino. Giornalista dal 2012, ho studiato storia del cinema specializzandomi nell'analisi di pellicole di tutti i generi dalla nascita della Settima Arte a oggi. Tenendo ben presente il concetto di lettura non come intrattenimento bensì come formazione, mi occupo da anni anche di turismo e realizzo reportage di viaggio. Estremamente sensibile alla tematica enogastronomica, tratto la materia con un'attenzione specifica verso la filiera di qualità fra tradizione e innovazione. Per me il giornalismo non è solo una professione, è una missione!
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