Nando Mericoni (dal cognome già lo si capisce: ‘Mericoni’, ‘americano’) è un giovanottone di Trastevere con l’ossessione per tutto ciò che è americano. Insomma, Un americano a Roma, ch’è poi il titolo del mitico film diretto da Steno nel 1954.
American way of life
Tutto cominciò con l’arrivo degli alleati nella Capitale quando, insieme alla libertà, importarono anche un pezzo della loro storia e della loro cultura. Primi fra tutti, furono proprio gli americani, che si incunearono in quel vuoto lasciato da vent’anni di dittatura fascista, e che trovarono in Italia una terra ancora vergine in cui diffondere i loro prodotti.
Proprio com’era successo a Colombo quasi cinque secoli prima, ora era l’America a sbarcare finalmente in Europa. L’infatuazione per il mito a stelle e strisce fu un fenomeno diffuso e capillare, che prendeva origine dal cinema, dalla musica, da un certo modo di atteggiarsi e di vestirsi, che rispecchiava più o meno verosimilmente l’american way of life.
Il benessere esibito da Hollywood, un miraggio collettivo
C’era, poi, radicato in tutte le persone sopravvissute alla guerra, un desiderio irrefrenabile di vita e benessere, scaturito da tanti e tanti anni di privazioni e divieti. Niente più dell’immagine radiosa e giovanile di quel popolo – esibita ad arte attraverso il grande proiettore hollywoodiano – poteva attirare e coinvolgere un paese come il nostro, desideroso di riscatto e così privo di amor proprio, da non poter trovare in sé il proprio modello.
La politica stessa spingeva verso questa direzione, timorosa di possibili ingerenze da parte del colosso sovietico. Tutto questo ha portato moltissimi italiani a vedere nell’America l’altrove, la nazione dove tutto si avvera, ricco di ogni cosa che mancava al Belpaese. Nasceva così una sorta di allucinazione o miraggio collettivo: come chi dai relitti di un naufragio si convince ogni momento di vedere un porto.
Nando Mericoni e la tensione fra sogno e realtà
Ecco, Nando Mericoni rappresenta pienamente questo tipo di italiano. Certo, lui avrà esagerato un po’. La sua, più che una passione, era una fissa, certamente, eppure il suo caso risulta per tanti aspetti assolutamente emblematico. In Mericoni si riproduce infatti, fortissima, la tensione tra due sfere, entrambe comiche: quella del sogno, del mito che trasfigura gli oggetti e lo convince a continuare nelle sue azioni senza senso, e quella dell’insuperabile realtà, così solida e nostrana, contro cui continuamente cozzano le sue velleità.
Questi due livelli non si incontrano mai: la realtà sarà sempre diversissima dal mito, e sarà proprio questo particolare dislivello a suscitare la risata. Mericoni, però, non è uno sconfitto. È certamente un fallito, vero, ma perlomeno non si arrende mai. Questa sua insistenza infantile è quasi eroica e la sua coerenza lo risparmia dal nostro disprezzo.
Un po’ come Don Chisciotte, per il quale il sogno era la corazza che attutiva gli scontri con la realtà, così è per Nando: il dolore della delusione non dura che un attimo; la ferita si richiude e la sua illusione sembra quasi rigenerata, anzi acquista nuova linfa dallo scacco precedente.
Un americano a Roma: maccheroni
Come possiamo allora dimenticare la sequenza più famosa, l’irresistibile assalto ai maccheroni?
È notte e Nando è appena rientrato. È disoccupato e spende i pochi soldi nei cinema di periferia, a sognare di essere uno dei protagonisti delle sue americanate. I genitori, soprattutto il padre, lo aspettano ogni volta arrabbiatissimi e non riescono a capacitarsi di avere un figlio così degenere. Ma Nando è imperturbabile, tira dritto per la sua strada.
Arrivato a casa, si accorge di avere una fame da lupi. Apparecchiata in tavola c’è la sua cena, maccheroni al sugo e vino. Lui, coerentemente, snobba tutto quel ben di Dio in nome di una non meglio identificabile dieta americana a base di mostarda, latte e marmellata. Ha quindi inizio uno dei monologhi più celebri e spassosi del cinema italiano, grazie a un Alberto Sordi irresistibile che improvvisa a meraviglia.
“Io non magno maccaroni… io sono americano, sono!” – esclama, anche se non del tutto convinto. Addirittura osa sfidare il maccherone: “Che mi guardi, con quella faccia intrepida? Mi sembri un verme, maccarone! Vedi? Questa è roba da americani!”. E comincia a mangiare. Immediatamente, però, si interrompe disgustato, e ci ripensa: “Ammazza, che zozzeria!”.
Finalmente, afferrato il piatto di pasta, esclama orgoglioso: “Maccarone, mi hai provocato, e io ti distruggo!”. E comincia la scorpacciata. L’italianità alla fine l’ha vinta, dopo tutto. Proprio lì, in una cucina. È vero, Nando? Dimmi ciò che mangi e ti dirò chi sei.