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La fotografia nei capolavori di Ingmar Bergman: il sodalizio con il grande Sven Nykvist

Luci d’inverno (1963)
Crediti foto: BIM Distribuzione

La complessa e sfaccettata filmografia di Ingmar Bergman – cineasta di estrazione drammaturgica e teatrale – ha sempre affascinato milioni di spettatori per l’unicità delle tematiche trattate con essenziale spontaneità. Si sa, è più comodo trasmettere un concetto pretenzioso in maniera artificiosa, piuttosto che essere in grado di semplificarlo, di comunicarlo con la stessa forza e grandezza ma rendendo tale comunicazione immediata, accessibile a tutti.

Chi meglio del direttore della fotografia Sven Nykvist avrebbe potuto restituire al pubblico quest’idealismo pragmatico e intenso?

L’inizio della collaborazione tra Bergman e Nykvist

Nykvist iniziò giovanissimo e, non avendo inizialmente possibilità alternative, imparò a servirsi del numero più ristretto possibile di lampade, caratteristica che in futuro riprese per pura scelta.  La sua fotografia, caratterizzata dal bianco e nero, concentrata e minimale ma forte e d’impatto, fu proprio ciò che fece al caso del regista svedese. I due si incontrarono nel 1953 sul set di Una vampata d’amore.

Tale fu il trasporto e la reciproca comprensione artistica, che Bergman decise di instaurare un sodalizio destinato a durare per ben 21 film. Negli anni ‘50, Nykvist perfezionò la tecnica, così che da La fontana della vergine in poi emersero ancor più il suo stile e personalità, eliminando il superfluo, come il mero effetto estetizzante della luce.

Riprodurre la luce naturale

Per ottenere un effetto ancor più morbido, Nykvist cominciò a utilizzare sui set uno strumento di sua invenzione per modulare la luce: una cornice di legno rivestita di carta oleata (poi trasformata in un disco di polistirolo) sulla quale veniva direzionato il fascio di luce delle lampade.

Ciò si nota profondamente in autentici capolavori in celluloide come Luci d’inverno, Come in uno specchio, e Persona: l’obiettivo era la riproduzione di una luce naturale, catturata in ogni suo impercettibile mutamento o sfumatura, il tutto senza quell’artificiosità che a un occhio poco attento potrebbe sembrare sinonimo di maggior bravura, ma che in questo caso sarebbe stato un’inutile spostamento di attenzione su tali artifizi e non sul messaggio essenzialista.

Ciò si osserva molto anche nella scelta degli ambienti: spesso questi ultimi sono pochi per ogni film, spesso spogli, spesso paesaggi naturali come ad esempio in Persona, in cui la maggior parte della vicenda si svolge in una dimora sul mare, isolata dal resto della popolazione. Stessa cosa in Come in uno specchio o, ancor prima, in Un’estate d’amore, girato prevalentemente durante le vacanze estive, nella località balneare nella quale alloggia la protagonista.

I due premi Oscar per la migliore fotografia

Poche persone, abbondanza di paesaggi naturali, grandi case poco riempite, in cui aleggiano pensieri, fantasmi del passato, come in Sussurri e grida, una delle pochissime pellicole di Bergman a colori, in cui viene prediletto l’utilizzo del rosso e delle sue scale cromatiche. Un rosso acceso, espressivo, pungente, utilizzato come elemento avvolgente per i caratteri dei personaggi, valevole del primo Oscar per la migliore fotografia.

La ricerca e sperimentazione delle molteplici possibilità tonali del bianco e nero prosegue, concentrando l’illuminazione sull’impatto emotivo adeguato ai vari livelli di tonalità del colore. La carriera di Nykvist decollò anche internazionalmente per la sua capacità di lavorare così efficientemente con la luce naturale e con le sue immagini “semplici” ma espressive, ma fu di fatto un altro film con Bergman a fargli vincere il suo secondo Oscar: Fanny e Alexander.

Girato nel 1983 – l’ultimo film della carriera di Bergman e ultimo relativo alla collaborazione tra i due – è segnato da una fotografia che alterna il rosso e il grigio, teso però a richiamare l’amato bianco e nero.

Letizia De Ieso

Letizia De Ieso è nata il 04/10/2002 a Benevento. Ha frequentato il Liceo Classico P. Giannone e successivamente la BCT Academy. Qui ha potuto approfondire la regia, la sceneggiatura, la recitazione e il montaggio. Ha partecipato attivamente alla scrittura, regia, recitazione e montaggio del cortometraggio accademico ‘Ombre del reale’. La prima esperienza sul set è stata in qualità di comparsa nel nuovo film di Paolo Sorrentino. Ha partecipato in maniera più attiva, con la crew, sul set di ‘The Runner', regia di Michael Trim. Letizia si è iscritta al laboratorio teatrale ‘Quartiere Teatro’, con Maurizio Tomaciello. Nello stesso periodo, Letizia ha diretto e interpretato ‘Intermezzo’, cortometraggio d'ispirazione Nouvelle Vaguiana. Durante Gennaio 2024, é stata assistente alla regia del cortometraggio ‘Soul Eater’.
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