“Lo fanno davvero?”
Tutti almeno una volta ci siamo posti questa domanda guardando una scena di sesso al cinema o seduti sul divano di casa. La simulazione di un atto sessuale è il lato più misterioso dello sviluppo di un’opera cinematografica, una grande incognita che ci spinge a pensare che tutto si può costruire, ma questo sembra davvero impossibile.
Il sesso e le nudità appartengono a una fase complessa del processo di realizzazione di un film, servono le persone giuste, la giusta situazione e bisogna rispettare una serie di regole che tutelino la dignità individuale, lo stato emotivo dei soggetti coinvolti e la serietà del progetto.
La gestione di questo delicato passaggio è affidata a una figura specifica, un vero e proprio coordinatore dell’intimità, il quale deve assicurarsi che tutto vada per il meglio, soprattutto a livello giuridico.
Comportamento sul set

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È importante mantenere gli attori perfettamente a loro agio durante la scena calda: si gira a porte chiuse e gli unici presenti sono il regista e alcuni essenziali addetti ai lavori. Tutto ciò che avviene durante la ripresa è psicologicamente meccanico e spersonalizzante, onde evitare qualsiasi tipo di coinvolgimento tra gli interpreti e poter mantenere la piena professionalità.
In quest’ottica è fondamentale l’autocontrollo, così da impedire momenti imbarazzanti e di disagio che potrebbero compromettere la performance e, quindi, le riprese. A tale scopo si rivelano utili dispositivi di copertura – come la cosiddetta “conchiglia” apposta sulla parte intima femminile o lo spesso “calzino” sul membro maschile – necessari per limitare al minimo il contatto fisico senza influire sulla credibilità della scena.
Unfaithful (Adryan Lane, 2002) ci offre un esempio di come si possa coniugare la delicatezza visiva al tema della scabrosità perseguendo il realismo nella sua forma più erotica, attraverso l’affiatamento degli interpreti, nella fattispecie Diane Lane e Olivier Martinez. Con una vena più sbarazzina e comica, The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese affronta il tema attraverso un desiderio frivolo, dettato dai soldi, dal potere e dalle situazioni galeotte. Leonardo DiCaprio e Margot Robbie danno vita ad alcune sequenze calde ma sempre sulla scia della commedia.
Sesso contestualizzato nelle opere di Noé e Lanthimos
Il sesso è una risorsa dotata di grandi potenzialità per un regista, ma deve essere contestualizzato. Infatti, non sempre una scena di nudo o piuttosto spinta si rivela funzionale. Anzi, in alcuni casi potrebbe essere totalmente ininfluente o addirittura minare l’integrità della sceneggiatura.
L’erotismo è un elemento che va analizzato scrupolosamente per poterlo adattare in modo preciso e lineare. Un film-maker molto abile in questo è l’argentino Gaspar Noé, autore di pellicole complesse come Enter the void (2009) e Climax (2017).
Ma è in Love (2015) che Noé sfida con decisione e in modo diretto la questione sessuale, applicandola in un contesto drammatico e tormentato. La sua peculiarità sta in questo caso nell’autenticità delle scene erotiche, che rendono questo argomento ancor più d’impatto e sottoponendo lo spettatore al lato più realistico, passionale e angoscioso delle pulsioni umane.
Innocenza, libertà, oggettificazione del corpo, angoscia e perversione. Da Noé a Yorgos Lanthimos, la sessualità viene strumentalizzata per approfondire ogni sfaccettatura dell’animo umano.
In Povere Creature! il regista greco fa trasparire, attraverso il sesso, la necessità impellente di godimento e di libertà dell’individuo. Desideri frenetici, ingenui e bambineschi, tipici della fase fanciullesca.
Lanthimos si servirà di questo ardore per rivelare i lati più oscuri e patriarcali della società, contraddistinti da egoismo, lussuria e disillusione già evidenziati nel film scandalo Dogtooth (2009).
Bertolucci e il caso scottante di Ultimo tango a Parigi
Tantissimi i registi che nelle loro opere hanno concesso spazio al tema della sessualità, ma uno in particolare ha sconvolto il mondo al punto di entrare nella storia, il pluripremiato Bernardo Bertolucci. Il cineasta emiliano vanta una filmografia ricca di onorificenze ottenute attraverso film divenuti veri e propri cult, da Novecento (1976) al più recente The Dreamers (2003).
Tuttavia, ha raggiunto l’immortalità ben prima, nel 1972, quando una New York nel pieno della stagione autunnale viene sconvolta dalla proiezione di Ultimo tango a Parigi, sesto capolavoro di un ancora trentenne Bertolucci, in cui l’eros viene espresso in modo intenso, fuori controllo e quasi peccaminoso.
Tra gli interpreti principali spicca Marlon Brando, figura già di per sé controversa nello scenario hollywoodiano dell’epoca, mentre una giovane Maria Schneider cercava di farsi strada nell’ammaliante e ostico mondo del cinema. L’attrice, in particolare, rimase molto segnata dalla sua partecipazione a quel film e dal modo in cui le svariate scene di sesso sono state dirette.
Nello specifico ricorda amaramente la celebre sequenza della penetrazione anale, prevista dalla sceneggiatura, ma che venne rielaborata da Brando con la complicità dello stesso regista, i quali non informarono l’attrice delle modifiche pur di ottenere una reazione estremamente realistica. La Schneider dovette attendere ben undici anni prima di ricevere le scuse dell’autore.
Possiamo, quindi, parlare di cinematografia “azzardata”, in cui Bertolucci supera qualsiasi confine nell’ossessivo, per quanto geniale, tentativo di elevare il cinema oltre ogni limite, anche a svantaggio dell’etica. Gli eventi verificatisi sul set e lo stile crudo senza filtri hanno innescato una serie di eventi culminati nel 1976 in una sentenza della Cassazione che condannò la pellicola alla distruzione e di cui vennero salvate solo tre copie come “corpo del reato”.
La situazione vide nuovi sviluppi solo nel 1987, anno in cui la censura ne permise nuovamente la diffusione. Queste e altre numerose polemiche provenienti da molteplici parti del mondo e delle istituzioni finiranno per rendere la pellicola di Bernardo Bertolucci uno dei film più discussi e controversi della storia del cinema, oltre che la massima espressione cinematografica della sessualità umana, priva di qualsiasi tipo di frontiera.
L’importanza dell’erotismo e il fattore passionale
A questo punto è lecito chiedersi quale sia il grado di importanza dei corpi e dell’erotismo, nel cinema come in tutte le altre forme d’arte. Il fattore passionale è ciò che più di tutto enfatizza l’essenza dell’essere umano così come viene rappresentato in un’opera, che si tratti di un dipinto, un romanzo o una pellicola cinematografica.
La sessualità permette ai soggetti di entrare nella realtà senza mai lasciare lo schermo e di stimolare le pulsioni più naturali e profonde dello spettatore, come nel caso del Nymphomaniac diretto nel 2013 da Lars von Trier. La vera sfida risiede nel mantenersi in equilibrio costante tra l’arte nella sua forma più affascinante e la mera volgarità.