
Foto: © Fulvio E. Bullo
Ogni fine ottobre ci si ritrova a festeggiare Halloween (peraltro una festa americana che veramente poco ha a che fare con l’Italia), a vestire manichini con costumi spaventosi, a bussare alle porte pronunciando la fatidica domanda “dolcetto o scherzetto?” e a intagliare zucche dopo averle spolpate, così da renderle lampade attive per una notte soltanto.
La zucca, credeteci, è meglio mangiarla, buona com’è, ricca di proprietà nutrizionali e saporita. E oggi ve ne facciamo conoscere una molto speciale, diventata da quest’anno Presidio Slow Food. È il malon, una zucca a pasta bianca coltivata nelle valli del Natisone in Friuli-Venezia Giulia.

Foto: © Fulvio E. Bullo
Questo ortaggio è riconoscibile per la forma cilindrica-tondeggiante e una buccia liscia, dal diametro di ca. 30-40 cm e una lunghezza compresa fra i 40 e i 50. Ne parla Caterina Dugaro, referente dei produttori:
“Storicamente il malon veniva coltivato per l’alimentazione degli animali, in prevalenza suini e bovini, oppure tagliata a pezzi per le galline e le anatre.”
Con l’insorgere di nuove esigenze e l’apertura di diverse dimensioni culinarie, ergo nell’ambito della ristorazione a più livelli, il malon è diventato estremamente prezioso e si consuma anche nelle tavole dei buongustai:
“Per l’alimentazione umana, si utilizza quando la buccia è ancora verde e la polpa tenera.”
Il malon nella tradizione contadina

Foto: © Fulvio E. Bullo
Il malon è l’ingrediente principe della briza o zupa malonova, una minestra corposa e molto gustosa. In questo caso la polpa viene gratuggiata e poi messa a macerare nella batuda, ovvero il latte vaccino appena munto e lasciato inacidire, insieme a fagioli, patate e farina di mais abbrustolita nello strutto o nel burro.
Altre ricette vogliono il malon stufato in un tegame con aglio, alloro e una base grassa per accompagnare la carne. In alternativa, fa da componente dello stakanje, un pestato con verdure e patate. Il malon ha alle spalle una lunga tradizione contadina, e come tale risulta ancora un ingrediente povero eppure eccezionale per versatilità, come ribadisce Gianfranco Topatigh, referente Slow Food del Presidio:
“Ai tempi non c’era niente di eroico nell’usare il malon in cucina. Poi, lo spopolamento e il depauperamento del tessuto sociale di questa zona hanno fatto sì che la coltivazione andasse perdendosi. La logica di avviare un Presidio Slow Food è quella di ridare dignità a qualcosa che stava scomparendo, ma non come puro e semplice ricordo dei bei tempi andati: significa riconoscerne le potenzialità economiche, benché piccole, ad esempio nella filiera della ristorazione.”
Il Presidio Slow Food del malon ha il sostegno della Regione Friuli-Venezia Giulia.
