Secondo un’antica credenza popolare appartenente alla cultura voodoo, esistono stregoni che grazie alla somministrazione di una particolare pozione sono in grado di indurre irreversibilmente l’essere umano in una condizione a metà tra la vita e la morte, nella quale il corpo rimane parzialmente operativo nonostante venga privato della componente intellettiva e spirituale. Da questa leggenda nasce il termine zombie.
Svariati registi cinematografici sono rimasti ammaliati dal fascino che questa macabra figura porta con sé e si sono divertiti a renderla protagonista delle proprie opere.
Le origini dello zombie nel cinema
Era il 1920 quando il pubblico vide comparire per la prima volta sul grande schermo un morto-non morto. Il gabinetto del dottor Caligari, diretto nel 1920 da Robert Wiene, può essere considerato come uno dei primi film con protagonista un morto vivente. Nell’opera manifesto della corrente cinematografica espressionista, le caratteristiche dello zombie Cesare sono molto fedeli al significato originale che le civiltà haitiane attribuivano alla figura.
Cesare è completamente sottomesso alle perverse volontà del suo padrone, il dottor Caligari, il quale lo utilizza per compiere violenti omicidi. La creatura diventa una minaccia soltanto quando viene ipnotizzata e mossa dai fili di una mente malata, ciò ci fa capire quanto il vero mostro di cui aver paura sia l’essere umano.
Ancor più influenzata dalle antiche credenze haitiane è la pellicola del 1932 del regista americano Victor Halperin intitolata L’isola degli zombies. Pozioni magiche e incantesimi sono aspetti fondamentali della storia, risultando infatti la causa della metamorfosi da essere umano a morto vivente. Anche in questo caso la figura dello stregone, che prende il nome di Legendre, è centrale.
Così come il dottor Caligari assoggetta Cesare, Legendre ha il pieno controllo sulle menti dei morti da lui stesso resuscitati. La sua dipartita spezzerà l’incantesimo portando l’orda di corpi ambulanti a precipitare giù da una scogliera in quanto orfani del proprio leader. Oltre che esseri privi di anima, gli zombie perdono totalmente ogni logica e raziocinio diventando addirittura più inquietanti agli occhi dello spettatore.
George Romero, il creatore dello zombie moderno
La totale mancanza di ragionevolezza è un aspetto comune che caratterizza questa figura all’interno della cinematografia di un regista che è senza ombra di dubbio tra i più importanti autori di tutto il cinema horror, padre creatore del vero e proprio zombie movie come lo intendiamo ai giorni nostri: stiamo parlando di George Romero.
Con La notte dei morti viventi (1968), il cineasta statunitense presenta per la prima volta al pubblico una nuova idea di morto vivente: un essere dall’andatura ciondolante, mosso dall’insaziabile appetito di carne umana, che può essere neutralizzato solamente utilizzando il fuoco o con un colpo alla testa.
La causa della metamorfosi in cadavere ambulante questa volta si discosta dai tradizionali atti di stregoneria voodoo, poiché a provocare la riesumazione dei corpi sembrano essere delle particolari radiazioni originate da una misteriosa sonda spaziale in rientro da Venere. La genialità di Romero risiede nell’utilizzare lo zombie all’interno delle sue opere come mezzo di critica socioculturale: le sue pellicole rappresentano spesso allegorie atte a denunciare diversi aspetti dannosi appartenenti alla società americana dell’epoca.
La notte dei morti viventi rappresenta un vero e proprio spartiacque per la concezione di questa figura e si erge a fonte d’ispirazione che permane nella produzione cinematografica horror ancora ai giorni nostri.
Lo splatter tra orrore e ironia
Carne in putrefazione, cannibalismo e sangue sono elementi ancor più protagonisti in Zombi 2 (Lucio Fulci, 1979), una delle prime opere appartenenti al sottogenere splatter, dove gli effetti speciali vengono utilizzati per disgustare lo spettatore con scene macabre e carnali in maniera volutamente esagerata.
Peter Jackson con Splatters – Gli schizzacervelli (1992) e Robert Rodriguez con Planet Terror (2007) mostrano al pubblico come sia possibile mischiare creativamente lo splatter con la commedia. Il morto vivente è messo al centro di diverse situazioni ilari che riescono addirittura a divertire lo nonostante permanga la natura minacciosa e inquietante dell’essere.
Morti che vivono ancora oggi
Possiamo ritenere lo zombie il vero emblema della cinematografia horror al pari di fantasmi, vampiri e demoni. L’inquietante fascino di corpi resuscitati privi di anima è arrivato fino ai giorni nostri e continua a essere protagonista di svariate pellicole.
Tra le opere meglio riuscite degli ultimi anni sono da citare 28 giorni dopo (Danny Boyle, 2002), dove l’epidemia si diffonde da scimpanzè geneticamente modificati, L’alba dei morti viventi (Zack Snyder, 2004), remake di Zombi firmato Romero e I morti non muoiono (2019) di Jim Jarmusch, che ripropone in maniera brillante e creativa il ciondolante zombie-romeriano, utilizzandolo come mezzo di critica sociale nei confronti del mondo contemporaneo.
Opera minore ma da non sottovalutare, la pellicola The End? L’inferno fuori diretta nel 2017 da Daniele Misischia con protagonista Alessandro Roja, intrappolato in un ascensore nel bel mezzo di un’epidemia zombie che ha investito la città di Roma.
Agilità e velocità rappresentano un’evoluzione con cui alcuni moderni registi hanno voluto conferire al corpo ambulante nuove movenze, ne sono un esempio l’apocalittico World War Z (Marc Foster, 2013) e Army of the dead (2021), attraverso cui Zack Snyder presenta al pubblico una nuova concezione di orda zombie, all’interno della quale vigono gerarchie e ruoli ben definiti, in primis quello del leader Zeus.
La figura del morto vivente ha caratterizzato il genere horror fin dall’inizio e continuerà a spaventare il grande pubblico ancora per molto tempo.