- Cinefocus, Personaggi mitici

Michael Myers – Genesi, rappresentazione e invincibilità del male

Haddonfield, Illinois. È la notte di Halloween del 1963. La macchina da presa si muove lentamente seguendo il perimetro esterno di una tipica abitazione americana. Il fitto cicalìo si fonde ai gemiti di un ragazzo e una ragazza che amoreggiano sul divano, e che sbirciamo dalla finestra.

I due sgattaiolano di sopra. Entriamo in casa, si accende una luce e subito una mano, dal nostro punto di vista, apre un cassetto e afferra un grosso e affilato coltello da cucina: è la soggettiva di un criminale.

Aspettiamo che il ragazzo scenda le scale ed esca fuori di casa, dopodiché percorriamo lo stesso tragitto al contrario, salendo al piano di sopra. La (nostra) mano acciuffa ora il secondo, significativo oggetto: una maschera (da clown) che indossiamo, riducendo la porzione visibile sullo schermo. Siamo ora nella stanza della ragazza: il letto è sfatto e lei, seminuda, è intenta a spazzolarsi i capelli davanti allo specchio.

Appena si volta verso di noi, non fa in tempo a pronunciare il nome del fratello, Michael, che subito delle violente e feroci coltellate le vengono inferte al volto e al corpo, fino a che non cade a terra esanime, coperta di sangue. Sarebbe un bel momento per staccare sul nero, ma il climax è incompleto: manca ancora il vero colpo di scena.

Sempre in soggettiva, Michael scende le scale e nota dalla finestra i suoi genitori appena tornati a casa. Il padre si avvicina e gli sfila la maschera. Solo ora, grazie al controcampo, capiamo che per questi lunghi e intensi quattro minuti e venti secondi, noi spettatori abbiamo indossato i panni di un ragazzino di appena sei anni.

In questa intro, una delle più cruente e affascinanti nella storia del cinema, abbiamo tutti gli elementi che ci permettono di capire, almeno a un livello superficiale, chi è Michael Myers: un crudele omicida, incline sin da piccolo alla violenza, che indossa una maschera e uccide le sue vittime con un lungo coltello affilato – come vogliono le regole dello slasher (dall’inglese to slash, “ferire profondamente con una lama affilata”).

Siamo nel 1978 quando viene distribuito il primo e fortunatissimo capitolo della saga di John Carpenter, Halloween – La notte delle streghe. All’epoca negli USA erano già usciti alcuni di quelli che oggi sono considerati pionieri del genere – Non aprite quella porta (1974) e Le colline hanno gli occhi (1977) – e due anni dopo sarebbe comparso per la prima volta al cinema anche Jason Voorhees. Eppure, è con Halloween che il gioco cambia davvero.

Chi è Michael Myers

Di Michael Myers si conosce poco e nulla. Sappiamo che è un uomo enorme e dotato di una forza sovrumana, che si muove lentamente, freddo come il ghiaccio, silenzioso e parecchio difficile da uccidere. Tolto ciò, il buio. Per questo è stata decisiva l’idea di Rob Zombie di dare nuova linfa al personaggio dopo che questo, ormai troppo conosciuto, era meno temuto. Bisognava dare profondità al personaggio di Michael, scavare più a fondo nelle sue origini.

Oggi sappiamo che i suoi problemi mentali nascono molto prima di lui: il suo bisnonno materno, Michael Nordstrom, era stato condannato a morte per omicidio. Nonostante tutto, quest’evento non turba l’infanzia di Myers, che nasconde comunque un carattere apatico, asociale, avverso alla compagnia e a ogni legame con altri esseri umani.

Il piccolo Michael si urina addosso, trascorre molto tempo a cercare di capire il suo ruolo all’interno della famiglia, constatando tragicamente di non riuscire a soddisfare le aspettative dei genitori.

Si attacca morbosamente alla madre, è geloso della sorella maggiore ma ha un rapporto “amorevole” con la nonna che, guarda il caso, è fredda e incapace ad amare. Dopo aver assassinato Judith, viene internato nel manicomio di Smith’s Grove e preso in cura dal dott. Loomis, specializzato in psichiatria infantile.

Odio e malvagità di un predatore psicopatico

Loomis non fatica troppo a rendersi conto del potenziale, forse ancora inespresso, di questo essere misterioso. Dietro la sua apatia, al di là dell’espressione catatonica e dell’immobilità costante, odio e malvagità crescono ogni giorno di più. Michael è un predatore psicopatico, un criminale incapace di provare rimorso e determinato a uccidere chiunque gli provochi del semplice fastidio. Non proprio il compagno perfetto per un pic nic tra amici.

La sua arma “prediletta” è il coltello, un’arma bianca come quella di altri “colleghi” slasher: Jason ha il machete, Freddy Krueger il guanto con le lame, Leatherface una motosega, Ghostface un coltello affilato come Norman Bates (Psyco è un lungimirante precursore dello slasher movie).

Spiegazione freudiana della maschera e repressione degli istinti

Il ruolo della maschera non solo evita di evocare una qualsivoglia connessione con l’essere umano, ma se l’antagonista rappresenta idealmente l’Ombra – ovvero la parte oscura dell’inconscio – la maschera è allora simbolo (in termini freudiani) della censura onirica.

Nei sogni le difese della coscienza si abbassano ma non si annullano del tutto: i sogni sono simbolici e non diretti, e vanno interpretati per essere compresi. Nella nostra società le convenzioni sociali trascurano quasi totalmente gli istinti, i bisogni e le emozioni più profonde, ma negare la parte oscura del nostro cervello equivale a nascondere un po’ la testa sotto la sabbia. La nostra psiche, tramite sogni, lapsus e déjà vu, non smette mai di ricordarcelo.

Trattenendoci, rischiamo di esplodere come una bomba a orologeria liberando le emozioni negative soppresse per lungo tempo, e che si manifestano sotto forma di violenza fisica o psicologica verso noi stessi o (come nel caso di Michael Myers) verso l’altro.

L’antidoto per evitarlo sta nell’autoconoscenza e nell’espressione di sè, cosa che rende più semplice capire come mai Michael Myers sia la rappresentazione del male in questo senso: a lui mancano entrambe.

Stefano Olivieri

Sono Stefano Olivieri, nato a San Benedetto del Tronto (AP) il 6 gennaio 1999 ma residente a Colonnella, in Abruzzo, sebbene attualmente viva a Roma. All'ultimo anno di liceo ho scoperto che il cinema e lo spettacolo dovevano essere la strada da percorrere. Iscrittomi a “Scritture e Produzioni dello Spettacolo e dei Media” alla Sapienza di Roma, mi sono laureato a gennaio 2024. Oggi lavoro nel cinema e coltivo, nel tempo libero, le mie altre passioni: scrittura, teatro, musica, letteratura, sport, ecc. Amo mangiare bene e i piaceri della vita.
Leggi tutti gli articoli di Stefano Olivieri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *